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Draghi accelera sull'agenda di governo. Ed evita il toto-Quirinale

Draghi tira dritto su Def e Pnrr, celebra L'Aquila e candida Roma per l'Expo 2030

Il premier accelera sull'agenda di governo. Ed evita il toto-Quirinale

Al mattino all'Aquila, ad inaugurare il Parco della Memoria che ricorda le vittime del sisma terribile del 2009, e a illustrare le misure del Pnrr per la ricostruzione. A ora di pranzo, la lettera ai candidati sindaci di Roma per annunciare la candidatura della Capitale a ospitare l'Expo del 2030. Il pomeriggio a Palazzo Chigi, a presiedere la cabina di regia sulla Nota di aggiornamento del Def che sarà domani in Consiglio dei ministri.

Mentre sul palcoscenico della politica leader e comprimari si affannano a discutere del suo futuro, candidandolo al Colle o auspicando una sua permanenza al governo fino al 2023 e oltre, immaginandolo alla guida dell'Europa o mandandogli velati avvertimenti («Non arriverà al 2023», è il wishful thinking di Giuseppe Conte, che spera nel voto anticipato), Mario Draghi si tiene alla larga dal frastuono di Palazzo, e segue la sua agenda di governo senza farsi distrarre dal chiacchiericcio o allarmare dalle più o meno goffe manovre altrui o dai pronostici più o meno interessati sul suo futuro.

Non che non ci pensi, ovviamente, o che non veda bene le manovre e le trappole attorno a lui, o che non ascolti i consigli - spesso divergenti - di amici e collaboratori fidati che lo esortano chi a liberarsi al più presto dall'onere di governare con una maggioranza schizofrenica e priva di visione strategica, ascendendo al Colle, e chi a non mollare la postazione di Palazzo Chigi. A tutti risponde che un incarico da adempiere lo ha, adesso, e ha intenzione di «farlo al meglio». Poi si vedrà.

Nel frattempo, ogni sua mossa viene scrutata attentamente dai dietrologi che vorrebbero capire dove andrà a parare. Così c'è chi vede in una maggiore disponibilità di Draghi ad uscite pubbliche, come quella di ieri all'Aquila, un indizio di maggior protagonismo politico e popolare in vista della partita per il Colle, e chi interpreta il lancio della candidatura romana per Expo come un assist al candidato meglio attrezzato per gestire un evento del genere, Carlo Calenda. O come un tentativo di commissariare preventivamente Roma, tramite vincolo esterno Expo, in caso di vittoria di altri.

Nel capoluogo abruzzese, celebrando il ricordo del sisma, il premier ha sottolineato: «La mia presenza serve prima di tutto a ribadire il dovere di ricordare» un evento che «appartiene alla memoria collettiva». La ricostruzione «procede ovunque, ma abbiamo l'obbligo morale di accelerare». E per questo, spiega, «abbiamo deciso di destinare una apposita linea di investimento del Pnrr» alle zone terremotate. Un pacchetto del valore di 1,78 miliardi per finanziare «la ricostruzione sicura, il recupero ambientale e iniziative a sostegno di cittadini e imprese». Il programma, assicura «avrà il via in settimana». Ma le risorse «non bastano»: serve anche «capacità progettuale e amministrativa», e per questo è stato costruito per gli investimenti Pnrr «un modello di governance che punta alla semplificazione delle procedure e al coordinamento tra amministrazioni locali e centrali». Quanto alla candidatura di Roma per l'Expo 2030, decisa già la settimana scorsa dal premier ma annunciata ieri, è stata accolta con entusiasmo da tutti i candidati sindaci, che mesi fa avevano chiesto a Draghi di farsene promotore. Per il premier «si tratta senz'altro di una grande opportunità per lo sviluppo della città», ormai ridotta ai minimi termini dopo quattro anni di sindacatura Raggi.

Il plauso è unanime, e arriva da tutti i candidati, dalle associazioni economiche e di categoria e da ogni partito.

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