Il governo dal volto umano. In questi giorni, chissà perché, Renzi, Padoan e Poletti fanno a gara per dare buone notizie agli italiani. Le tasse? Oplà, via Tasi e Imu sulla prima casa. Le pensioni? Ecco i prestiti delle compagnie d'assicurazione per consentire l'esodo incentivato ai lavoratori. Alla vigilia dei ballottaggi, tutto fa brodo per qualche voto in più e la parola d'ordine è: apriamo gli italiani alla speranza, almeno fino a lunedì. Tutti i circoli del Pd sono stati, così, mobilitati in «zona Cesarini», prima delle urne, per far arrivare il messaggio che Renzi risolve i problemi di tutti. E lo stesso Matteo magnifica l'opera meritoria del suo esecutivo a favore delle famiglie finora troppo tartassate. Intendiamoci, tra le tante imposte che incombono e con la crisi che continua a mordere, quella data dal premier può essere considerata una buona notizia: lui ha detto, però, solo una mezza verità o, meglio, si è dimenticato di ricordare che già il governo Berlusconi aveva tolto l'Ici, antesignana dell'Imu, sulla prima casa. Altri, parliamo di Mario Monti, avevano poi ripristinato l'odioso balzello proprio nel momento più acuto della recessione, quando la disoccupazione dilagava e il potere d'acquisto delle famiglie si riduceva a vista d'occhio. Perché, allora, Matteo ha impiegato più di due anni per ripristinare la situazione quo ante nonostante i nostri risparmi si squagliassero come neve al sole? Particolare non secondario: proprio coloro che oggi benedicono l'abolizione delle tasse sull'abitazione principale sono gli stessi che dipinsero come demagogico e velleitario il taglio deciso a suo tempo da Berlusconi. Ancora più clamorosa è la vicenda delle pensioni. Oggi il ministro Poletti, a dispetto delle imitazioni di Crozza, si è allargato ancora più con la storia dei prestiti a favore di coloro che possono anticipare l'età della pensione. Tutto bene o quasi perché ci sono molte perplessità sul provvedimento, ma nessuno si è, comunque, ricordato di aggiungere come andare in quiescenza prima del tifone-Fornero fosse molto più facile. E, guarda caso, quelle misure risalgono ancora al governo dei tecnici, che avrebbero dovuto rimediare ai guasti commessi, secondo la sinistra, da Berlusconi. E che dire della crisi delle banche? Per mesi il premier ha garantito come il suo governo non avesse alcuna responsabilità nel crac dei quattro istituti di credito: il coinvolgimento del padre della Boschi nella vicenda della Banca Etruria era soltanto un fatto casuale. Oggi è lo stesso successore della Guidi al ministero dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, a sostenere che sono mancati i controlli degli organi di vigilanza e ha puntato il dito contro il presidente della Consob, quel Vegas che, tanto per cambiare, venne nominato a suo tempo proprio dall'esecutivo del Cavaliere. In compenso, Calenda, chissà perché, ha dimenticato del tutto la Banca d'Italia. Eppure, anni fa, c'è anche stato un Renzi che è finito al fresco per avere detto la verità. Mi riferisco al quasi omonimo Renzo Renzi, scrittore, regista e grande amico di Federico Fellini, che, nel Dopoguerra, venne condannato a sette mesi di carcere per avere raccontato le difficoltà delle truppe italiane, che avrebbero dovuto spezzare le reni alla Grecia, in un articolo pubblicato su una rivista di cinema.
Mi domando: se quel Tribunale militare fosse ancora in attività, quanto, tra omissioni e bugie, si sarebbe oggi beccato Matteo? Non lo so, ma di sicuro so una cosa: il presidente del Consiglio si sarebbe difeso scaricando ogni colpa su Berlusconi.
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