E ora tocca a Giuseppe Conte. È lui il premier, dicono dal Colle, è lui che deve mediare, smussare, trovare la sintesi, prendere le decisioni. Se il caso, e se è capace, imporsi. Sergio Mattarella non interverrà: potrà dare consigli, curare qualche rapporto internazionale, però niente di più perché questo non è il governo del presidente, è un governo politico. Se cade, si va al voto.
Dopo l'ultimatum, ecco l'ultima mediazione, che forse sarà la penultima, o magari la terzultima. Oggi in programma a Palazzo Chigi un vertice di maggioranza per cercare una soluzione sul Mes salva-Stati, se davvero c'è spazio per un compromesso. Ma la domanda è: quanto si può andare avanti così? A quante altre crisi può reggere l'alleanza giallorossa? Mattarella, allibito, osserva la situazione. Il capo dello Stato è «istituzionalmente preoccupato» però non è particolarmente angosciato. L'esecutivo andrà avanti finché avrà una maggioranza parlamentare che lo sostiene, che sembra una banalità ma che invece è l'essenza della democrazia per come viene vista dal presidente. La divisione dei ruoli e delle competenze è un aspetto fondamentale. Quando ci sono dei contrasti politici, spetta al premier e non al capo dello Stato negoziare.
Quindi Conte si dia da fare, batta un colpo, tiri fuori la stoffa. Prenda la situazione in mano e risolva in qualche modo il caso Mes, la riforma del fondo europeo salva-Stati, senza aspettarsi l'aiutino quirinalizio. Mattarella non vuole essere coinvolto nella vicenda che spacca la maggioranza perché la materia esula dal suo ambito di competenze. Resta sullo sfondo un certo timore generale, in caso vinca la linea del rinvio, per un eventuale isolamento italiano nell'Unione. Però non farà nulla: deve sbrigarsela il premier.
Eppure solo due giorni fa Matteo Salvini ha provato a coinvolgerlo: un sì alla Mes sarebbe «un attentato alla sovranità del Paese e all'autonomia del Parlamento», quindi «il garante della Costituzione deve intervenire». Il Quirinale ha risposto con un glaciale silenzio: tutti i leader di partito sono benvenuti in udienza, se chiedono di essere ricevuti, però il segretario della Lega non può pretendere di fissare pure l'agenda del colloquio. Tanto più se si tratta di un argomento non di competenza del Colle. Stessa risposta per la maggioranza. Nessuno tra i giallorossi ha finora chiesto una mediazione, o soltanto un consiglio, al capo dello Stato. Ma interventi diretti di Mattarella sul Mes sono esclusi. Tutti gli occhi sono quindi sul presidente del Consiglio.
Riuscirà Conte a mettere d'accordo Luigi Di Maio, che non vuole «firmare al buio» e minaccia di staccare la spina, con Delrio e Franceschini, secondo i quali «è in gioco la credibilità dell'Italia»? Domani è il giorno chiave, ma il premier ostenta sicurezza: «Il governo andrà avanti perché ci sono tanti problemi strutturali da risolvere». Parole apprezzate dal Quirinale: basta liti inutili, che la gente non capisce - sostiene da tempo Mattarella - piuttosto concentratevi sulle riforme da fare e sulle necessità dei cittadini.
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