Politica estera

Per il presidente comincia una Via Crucis

Dalle proteste, alla guerra in Aula, al ricorso ai giudici: si rischiano caos e paralisi

Per il presidente comincia una Via Crucis

La sfida in Aula è vinta per un soffio, ma la Via Crucis per Emmanuel Macron è appena cominciata. L'entrata in vigore della riforma delle pensioni segna un punto di non ritorno per la presidenza. E per la Francia è l'inizio di un nuovo terremoto politico e sociale dopo la rivolta dei gilet gialli, che mise a ferro e fuoco l'Esagono e minacciò il capo dello Stato durante il primo mandato. La piazza ribolle e la rabbia non accenna a placarsi in strada, dove i francesi si riversano spontaneamente e rievocano il «maggio '68» come il «marzo '23», manifestando il loro sconcerto contro «la dittatura Macron», in attesa dell'imponente manifestazione di giovedì. I due terzi dei francesi restano contro la riforma delle pensioni e si dichiarano ormai contro il governo di Elisabeth Borne. La «coalizione delle opposizioni» emersa in Assemblée Nationale, seppure ha mancato l'obiettivo di sfiduciare la premier per appena 9 voti, è pronta a rendere un inferno il futuro dell'esecutivo. Una richiesta di referendum di iniziativa condivisa è già stata presentata alla Corte Costituzionale. Firmata da 250 deputati e senatori, è stata ritenuta ammissibile ed è stata già inviata alla Corte, che ha un mese di tempo per esaminarla. E la Corte Costituzionale (investita della questione dalla stessa premier) potrebbe essere anche chiamata - attraverso la richiesta di almeno 60 parlamentari - a esprimere un parere sulla costituzionalità del testo. Anche in questo caso avrebbe un mese per esaminare il ricorso, 8 giorni se il governo chiedesse la procedura d'urgenza. La procedura porterebbe alla sospensione della riforma.

Ma la battaglia politica, già cavalcata dagli anti-Macron a causa della mancanza di una maggioranza assoluta per il presidente, nelle prossime settimane è destinata a essere combattuta su ogni singolo provvedimento che l'esecutivo intende portare avanti d'ora in poi, con il forte rischio del moltiplicarsi di nuove mozioni di sfiducia.

Per il presidente della Repubblica, la vittoria della premier in Aula è una vittoria di Pirro. La battaglia è vinta, ma la guerra contro il suo ultimo mandato è appena cominciata. «L'alleanza dei contrari», l'insieme dei deputati che ha bocciato la riforma, non ha intenzione di arrendersi e chiede che la legge venga ritirata. La premier Borne, sopravvissuta all'Aula, appare a molti una dead woman walking, una leader di governo defunta, anche se ancora in carica.

Il dna rivoluzionario dei francesi si è risvegliato in maniera prepotente e trasversale, a quattro anni dalla rabbia, apparentemente sopita, dei gilets jaunes. E per Macron è un triste record. Il leader dell'estrema sinistra, Jean-Luc Mélénchon, ne è convinto: «La riforma sarà abrogata. Il Consiglio Costituzionale annullerà la procedura». La presidente dei deputati della France Insoumise, Mathilde Panot, in Aula aveva paragonato Macron all'imperatore romano Caligola: «Non ha il senso della misura, chiede una forzatura e si barrica nel suo palazzo. Ma anche Caligola è stato sconfitto». Marine Le Pen incalza: «La premier Borne se ne deve andare oppure il presidente deve rimuoverla dall'incarico». E la leader dell'estrema destra ne approfitta per invitare i francesi a votarla nel 2027, segno che la politica e il Paese sono già proietatti al dopo-Macron.

Il rischio imminente, per la Francia, è la paralisi governativa e parlamentare. Il governo sarà messo continuamente alla prova e sotto scacco. Macron sembra confermarsi il presidente del caos e la fine del suo mandato rischia di puzzare come la spazzatura che sta invadendo la Francia per lo sciopero dei netturbini. La leader di governo promette di restare in sella per «proseguire con le riforme». Ma il miracolo, per lei, sarà proseguire lungo la sua strada. Da ogni parte si chiede al capo dell'Eliseo un intervento, una parola per placare gli animi. Oggi il capo dello Stato inizierà la giornata incontrando la premier, il presidente dell'Assemblea Nazionale Yael Braun-Pivet, i capi della maggioranza e i quattro ministri interessati dalla riforma. Accusato di testardaggine, di disprezzo per il Parlamento e per la piazza, Macron sa che non può ignorare la mobilitazione in corso in Francia.

La guerra in Ucraina è vicina, ma quella in casa rischia di costare molto caro all'eredità politica del presidente.

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