Una passeggiata dall'Eliseo al ministero dell'Interno di Parigi. François Hollande forse ha cercato di dimostrare ai francesi che anche il presidente può camminare tranquillo per le strade della capitale francese. Un gesto che poteva apparire rassicurante se Parigi non fosse stata sotto choc, non solo per la strage alla redazione di Charlie Hebdo , ma perché in quel momento si sparava ancora per le strade, con nuove vittime e i terroristi islamici asserragliati in due posti diversi, mentre quasi 90mila poliziotti e uomini delle forze speciali tenevano sotto assedio la metropoli. L'epilogo, come sappiamo, è stata l'eliminazione dei tre killer jihadisti, ma la Francia ha pagato un prezzo altissimo, non solo in vite umane.
«Ho fiducia nel nostro Paese. Ha mostrato una grande capacità di stare unito», ha detto il presidente francese. Ma allo stesso tempo ha pure sottolineato gli errori commessi in questi tre giorni da incubo. «Nonostante questo, ci sono state delle mancanze, sono state scritte cose orribili. Dobbiamo fare in modo che i francesi possano vivere insieme, in sicurezza, per il futuro». In serata, in un discorso alla nazione, Hollande ha invitato a mantenersi vigili, dicendosi però certo che «i fanatici non hanno nulla a che fare con l'islam» e assicurando che «saremo implacabili contro razzismo e antisemitismo».
Le sue parole sembrano un'accusa. Ma non è Hollande il presidente della Francia? Non è proprio il capo dell'Eliseo a decidere sulla politica interna ed estera, a scegliere premier e ministri e a provvedere ai rimpasti di governo? Sì, è proprio lui. Quindi, sarebbe stato più corretto, da parte sua, fare un po' di autocritica, visto che la grandeur francese da questa emergenza ne è uscita a pezzi. E lui, Hollande, non è stato in grado di garantire la sicurezza al suo Paese. Certo, non è il presidente che deve occuparsi direttamente di intelligence e anti terrorismo, ma le priorità e le direttive sono dettate dall'Eliseo e chi opera nel delicato settore della sicurezza non può che adeguarsi.
Eppure i segnali d'allarme erano stati chiari e lo stesso presidente francese aveva ammesso, poco dopo la strage alla redazione di Charlie Hebdo , che altri attentati erano stati sventati. Ma il pericolo era stato ridimensionato, nonostante gli episodi accaduti prima di Natale, dall'immigrato che tenta di assassinare a coltellate due poliziotti al quarantenne che inveset con l'auto 13 passanti. In entrambi i casi i protagonisti hanno invocato «Allah Akbar», e non sono casi isolati. Governo e magistratura però minimizzano ed escludono il movente terroristico. Lo stesso Hollande parla di «coincidenze».
Che faccia tosta, il presidente. Era perfettamente al corrente che tra le file dell'Isis e dei qaedisti in Siria militano circa 1.300 jihadisti francesi, molti dei quali potrebbero essere rientrati in Francia e che, quindi, la minaccia di un nuovi attacchi era nell'aria. Eppure, sia Hollande sia il governo hanno continuato a minimizzare, evitando di far sapere ai francesi che i terroristi islamici avrebbero potuto ancora colpire.
Il motivo? Il Giornale lo ha già sottolineato proprio in questi giorni: Hollande e la gauche erano più preoccupati di Marine Le Pen che degli integralisti islamici e parlare pubblicamente di minaccia jihadista in Francia avrebbe solo portato consensi al Front National. I francesi sapranno chi ringraziare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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