Il prezzo della Costituzione Per la Boschi vale 80 euro

La minaccia del ministro: se vince il No addio bonus in busta paga. Un ricatto che sa di voto di scambio

L' ultimo gradino della corsa al ribasso nella propaganda referendaria è il ricatto sulla mancia concessa dal governo alle buste paga meno ricche, e quindi più sensibili. L'autrice dello scivolone dalla madrina della riforma su cui si voterà il 4 dicembre, Maria Elena Boschi: «Se andranno al governo loro, toglieranno gli 80 euro e le cose buone che abbiamo fatto noi», ha minacciato dalla poltrona di Porta a Porta, provocando ovviamente la reazione degli ospiti di parte avversa, il segretario della Lega Matteo Salvini e Anna Maria Bernini, senatrice di Forza Italia. La difesa di Renzi alle accuse sugli ormai famosi 80 euro finisce in archivio con una frase. Per il premier si trattava di una misura strutturale, la Boschi la riporta a quel che è: un obolo per comprare il consenso di alcune categorie di elettori. Peggio, il ministro finisce così col fissare un prezzo per questo voto così delicato. Ottanta euro a elettore, tanto alla fine costa cambiare la «Costituzione più bella del mondo». Appena una trentina in più dei cinquanta euro di prezzo medio per l'acquisto di un voto a Napoli, stando alle inchieste sui brogli che immancabilmente tormentano ogni tornata elettorale nel capoluogo campano, a partire dalle primarie del Pd.

E lo stile minatorio assunto dal ministro, che nelle ultime settimane mostra crescenti segni di nervosismo, ricorda in effetti le manovre in stile Achille Lauro, l'imprenditore ed ex sindaco di Napoli che negli Anni '50 fu accusato di aver regalato agli elettori una scarpa sinistra, promettendo di consegnare la destra dopo il voto a suo favore.

La vicenda ovviamente evoca lo spettro di un reato scivolosissimo, il voto di scambio. Nel 2013 Berlusconi inviò una lettera agli elettori in cui prometteva tra l'altro il rimborso dell'Imu. Poche ore dopo la procura di Reggio Emilia annunciò che il Cavaliere era indagato per voto di scambio. Spenti i riflettori, il procuratore capo di Reggio Emilia si trincerò dietro lo scudo «dell'atto dovuto», anche se intanto aveva scelto di incardinare il fascicolo nel modo più contundente, come modello 21, cioè notizia di reato a carico di persona determinata, nonostante fosse una questione palesemente infondata. In seguito la Procura si liberò dell'ingombrante fascicolo mandandolo a Roma per questioni di competenza.

«La Boschi stia tranquilla - commenta Gianluca Vinci, penalista e segretario regionale della Lega per l'Emilia Romagna - certe procure sono particolarmente sensibili alle denunce solo se provengono da sinistra. E anche se la sua è una caduta di stile decisamente più grave della promessa sull'Imu, che faceva parte di un programma politico, l'unica accusa che rischia è diffamazione, visto che nessun partito del centrodestra ha mai detto che avrebbe cancellato gli 80 euro. Ma la politica è meglio farla nelle urne che nei tribunali, sempre che prima o poi ci consentano di votare di nuovo».

La minaccia pronunciata a favore di telecamera da parte del ministro del resto è solo l'ultima di una campagna elettorale che Renzi ha provato a girare in positivo, mettendo da parte il plebiscito su di sé, ma che, ogni volta che i sondaggi si mettono male, finisce col

virare sull'intimidazione. A partire dallo spauracchio di un crac finanziario del Paese agitato da interessati governi europei. Evidentemente gli spot che promettono risparmi e cambiamenti miracolosi con il «Sì», non bastano.

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