Produrre più in fretta possibile i vaccini, anche in Italia. «Chiediamo all'Ue e ai governi di essere fermi nel pretendere il rispetto degli accordi e la invitiamo a verificare la possibilità di produzioni nazionali aggiuntive» dice Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia è collegato al summit del Ppe con la presidente della Commissione europea Ursula von der Layen, tra gli invitati la cancelliera tedesca Angela Merkel e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, due capi di Stato (Cipro e Romania), e ancora i primi ministri di Bulgaria, Slovenia, Lettonia, Grecia, Croazia, Lituania e Irlanda. Partecipa, come vice presidente del Ppe, Antonio Tajani.
Il tema è caldo dal momento che le rassicurazioni sui tempi di somministrazione dei vaccini non attecchiscono tra la gente, che si aspetta un'accelerazione nella campagna di vaccinazioni sia dal governo Draghi che dall'Europa. Il presidente dell'Europarlamento, David Sassoli, ha parlato ieri dell'obiettivo del 70% dei vaccinati nell'Ue entro l'estate. Ha ribadito che «i contratti devono essere rispettati», chiesto un trasferimento di competenze sulla salute all'Ue e si è detto contrario a accordi bilaterali nazionali tra gli Stati sui vaccini. «Forza Italia non è d'accordo su questa posizione» dice però il coordinatore nazionale del partito, Antonio Tajani. Si pensa già a collaborazioni internazionali grazie alle quali in Italia si produca una parte del vaccino (come l'adiuvante). D'altra parte le polemiche sugli acquisti di vaccino in proprio da parte della Germania sono note e le accuse sui ritardi hanno sfiorato anche la von der Layen.
Berlusconi mantiene il punto: «Chiediamo dallo scoppio della pandemia un'azione coordinata dell'Ue. La Commissione ha firmato contratti con case farmaceutiche prima della fase produttiva ma purtroppo non è bastato». Spiega: «Il principale ostacolo a un progressivo ritorno alla normalità resta la carenza degli approvvigionamenti». La debolezza della campagna vaccinale è stato uno dei temi forti della campagna politica di Forza Italia (e non solo) che ha portato alla fine del governo Conte e all'insediamento di Mario Draghi a Palazzo Chigi.
«Produrre il vaccino in Italia si può» insistono adesso da Forza Italia, mentre si discute anche di un'intera filiera per la produzione in un Polo pubblico-privato, per rendere le intenzioni realtà. Al momento, secondo Farmindustria, ci vorrebbero dai quattro ai sei mesi prima che stabilimenti italiani possano riconvertirsi alla produzione del vaccino anti- Covid. Molte strutture possono da subito dedicarsi alle infialature, ultima fase del processo, ma per la produzione vera e propria serve tempo, che potrebbe non essere eccessivo, considerato il numero delle varianti e l'imprevedibilità dell'evoluzione della pandemia.
Le richieste del Piano vaccini di Forza Italia, considerata la situazione, appaiono ambiziose: un coordinatore nazionale unico per la campagna vaccinale; l'80% della popolazione immunizzata entro agosto; 500mila vaccinati al giorno (al momento sono 100.000 secondo gli ultimi dati forniti dal commissario Arcuri); il coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari; una campagna di informazione, un numero verde e una app per avvisare i cittadini.
In Europa rimane il tema dell'accesso ai vaccini per i Paesi più poveri.
Ursula von der Leyen, ieri ha twittato di essere fiera che l'Ue sia un'orgogliosa sostenitrice di Covax: «La struttura per l'accesso universale ai vaccini anti Covid ha fatto la sua prima consegna in Ghana e presto ne arriveranno altre. Insieme, garantiremo a tutti l'accesso ai vaccini».
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