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Le priorità del Salvini ministro: meno migranti e più espulsioni

Matteo Salvini ha giurato da ministro degli Interni. Continuerà a guidare la Lega come segretario. E sullo spostamento di Savona agli Affari Ue: "Due passi in avanti"

Le priorità del Salvini ministro: meno migranti e più espulsioni

Matteo Salvini è ufficialmente ministro dell'Interno. Ha giurato nelle mani di Sergio Mattarella (guarda qui il video) e ora prenderà "possesso" del Viminale prendendo il posto di Marco Minniti. I temi sul tavolo sono ovviamente due: sicurezza e immigrazione. Non solo. Il segretario si è subito insediato al Viminale dove è andato a prendere possesso della sua scrivania e ha incontrato i capi Dipartimento del ministero, tra i quali il Capo della Polizia, Franco Gabrielli.

Sul suo programma da neo-ministro, il neo-ministro è stato chiaro: "Il contrasto alle mafie, i beni confiscati, la presenza e l'organico delle forze di polizia sul territorio, i minori e le assunzioni". Insomma: sicurezza e immigrazione. Partendo dal vertice dei ministri dell'Interno Ue che si terrà a Lussemburgo il 4 e il 5 giugno in cui Salvini è pronto a dare battaglia. "Le modifiche ai regolamenti di Dublino sono peggiorative per l'Italia - ha detto - quindi se ci sarò, o chiunque ci sarà al posto mio, porterà una voce contraria dell'Italia a una riforma che invece di aiutarci a condividere il problema continua a stressare sull'Italia il problema immigrazione. Quindi, se ci sono è per dire no".

In fondo lo aveva annunciato già stamattina prima di salire al Quirinale per la cerimonia ufficiale che avrebbe tagliato i costi dell'accoglienza degli immigrati. "Sono troppi cinque miliardi per i profughi", aveva detto. E lo stesso ha ribadito appena uscito dal Palazzo dei Papi prima di dirigersi a piedi verso Palazzo Chigi: "Vediamo di dargli una sforbiciata". E poi ha dettato subito la linea per le prime azioni di governo per cui dice di avere "diverse idee in testa": "La questione immigrazione è ancora calda e chiederò come riuscire a migliorare sulla diminuzione del numero degli arrivi e l'aumento delle espulsioni".

Alla ressa di cronisti accorsi per raccogliere le sue prime dichiarazioni da ministro, Salvini ha chiesto di farlo arrivare "in ufficio" per iniziare a lavorare. Al Viminale, infatti, ci andrà già da stasera e non da lunedì. I temi sul tavolo sono diversi. A sorprendere sono le parole sui prefetti che, secondo la legge, sono i rappresentati del governo (e del Viminale) sul territorio. Quella del segretario del Carroccio è una apertura al dialogo con i sindaci: "Ci son prefetti molto in gamba - ha detto - Cercherò di incontrarli tutti" ma "un Paese moderno e federale punta tutto sui sindaci". "Era Luigi Einaudi - ha ricordato- che scriveva 'via i prefetti perché laddove c'è il prefetto non c'è democrazià. Ovviamente è passato un pò di tempo e io penso che l'Italia debba avviarsi verso una struttura sempre più vicina ai territori, alle comunità, alle autonomie, alle regioni". Negli anni passati sono stati molti gli scontri tra i primi cittadini della Lega e i prefetti soprattutto sul tema dell'immigrazione. Come noto, infatti, sono i prefetti a emettere i bandi per l'accoglienza e a distribuire i richiedenti asilo nei Comuni in cui le cooperative aprono i centri profughi.

In molti ora si chiedono quale sarà il primo provvedimento che porterà la firma del segretario leghista. "Ve lo comunicheremo", fa sapere il diretto interessaro che però non limita le possibilità alla sola sicurezza e immigrazione. "C'è anche tutto il dossier sui beni confiscati e sequestrati ai mafiosi - ha spiegato Salvini - Maroni cominciò molto bene. Se lo Stato riuscirà a gestire sempre meglio, garantendo posti di lavoro, beni e aziende confiscate alla mafia qualcuno si renderà conto che è sempre meglio lo Stato della mafia".

Bisognerà attendere. Di certo al momento c'è che dopo 88 giorni di trattative, contratti scritti al tavolo con i Cinque Stelle e lo scontro istituzionale con Mattarella, alla fine si è arrivati alla formazione del governo Conte. L'ultimo colpo di reni ha "costretto" Salvini ad uscire dal bivio e accettare lo spostamento di Paolo Savona, nome inviso al Colle, dalla casella dell'Economia a quella degli Affari europei. A chi ci ha letto una retrocessione delle posizioni leghiste che domenica scorsa avevano fatto saltare il tavolo sul nome dell'economista, il segretario del Carroccio risponde che in realtà si tratta di "due passi in avanti": "Non solo c'è Savona alle politiche comunitarie, e per ricontattare alcune regole quello è il ministero giusto, ma c'è anche un ministro dell'Economia in perfetta sintonia con Savona. Non è stato fatto un passo indietro, si è raddoppiato". E in effetti le posizioni di Giovanni Tria su flat tax, euro e Germania sono vicine a quelle del professore eurocritico.

L'Europa è avvisata: "In Ue - ha detto il neo ministro Fontana - saremo fratelli e non sudditi".

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