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Processi, tempi più stretti. Toghe critiche sul sorteggio

I dubbi sulla nuova prescrizione che scatta nel 2020

Processi, tempi più stretti. Toghe critiche sul sorteggio

«Acqua», per Matteo Salvini. «Acqua fresca», per i penalisti italiani. La riforma della giustizia che spacca il governo su un cavallo di battaglia dei grillini, «non farà danni ma obiettivamente è acqua fresca», scrive la giunta dell'Unione delle Camere penali all'indomani del Consiglio dei ministri che ha certificato la rottura sulla parte penale del ddl. Secondo la Lega la riforma non riduce i tempi dei processi come invece avrebbe dovuto, stando almeno all'accordo che aveva permesso al M5s di incassare con la legge Spazzacorrotti l'abolizione della prescrizione. Lo stop della clessidra dopo la sentenza di primo grado, definito allora dal ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno una «bomba atomica», entrerà in vigore dal primo gennaio 2020, ma era condizionato a una «efficace riforma dei tempi del processo penale entro novembre 2019». Altrimenti, si era detto, revoca della norma. Ed è questo il nodo che ora, dopo aver respinto il testo potato da Bonafede, la Lega vuole sciogliere. Perché per revocare quella legge ne servirebbe un'altra, che la cancelli. Troppo tardi? Se lo chiede il presidente dei penalisti Domenico Caiazza: «Come disinnescheremo la "bomba atomica"? Essendo saltata la possibilità che si approvi qualcosa entro novembre sui tempi del processo penale, quell'impegno per revocare l'entrata in vigore della nuova prescrizione come sarà mantenuto?» Alla Camera sarebbe già stato depositato un testo a firma del forzista Enrico Costa - già firmatario di un ddl sulla separazione delle carriere - per eliminare la norma del M5s. Ma sarebbe un'ennesima spaccatura.

Di certo con queste premesse è difficile che il ddl Bonafede veda la luce. C'è il muro del Carroccio che chiedeva un intervento choc sui tempi, oltre che modifiche in materia di intercettazioni - con una stretta sulla loro pubblicazione - e la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti. Punti che non compaiono del dossier portato in Cdm. Non è bastato a trovare un accordo l'abbassamento del tetto massimo della durata dei processi dagli iniziali nove anni - fissati da Bonafede - a sei, pena un procedimento disciplinare per il magistrato. Più che un incentivo una pistola scarica secondo i leghisti visto che con la mole di lavoro sulle spalle dei magistrati i ritardi sarebbero facilmente giustificabili davanti a una procedura disciplinare. E non è stata sufficiente nemmeno l'introduzione di una sola proroga possibile, di sei mesi, alle indagini preliminari. L'accordo c'è solo e pieno sulla parte civile dell'articolato, cara anche al premier Giuseppe Conte: previsti ritmi più serrati per la fissazione delle udienze e meno possibilità di ricorrere in appello. Sulla riforma del Csm, invece, divenuta urgente dopo l'inchiesta sulle nomine, si prevede un primo sorteggio tra i 9.500 magistrati e poi l'elezione. Un'intesa c'è, pesa però il no allarmato dell'associazione nazionale magistrati: «Il sorteggio è incostituzionale. La norma oggi in vigore in Costituzione prevede l'elezione dei magistrati.

E sorteggio ed elezione sono due cose tra loro inconciliabili».

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