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Processi troppo lunghi: i risarcimenti ci costano 300mila euro al giorno

L'Italia butta otto milioni al mese per le vittime della giustizia lumaca. E ora rischia anche una sanzione europea sul 27 per cento delle cause

Processi troppo lunghi: i risarcimenti ci costano 300mila euro al giorno

Roma - Otto milioni di euro al mese, 300mila euro ogni giorno lavorativo. La cifra esorbitante è quella che l'Italia paga per risarcire le vittime di processi troppo lunghi. E i ricorsi alla Corte europea negli ultimi tempi aumentano vertiginosamente. Il 27 per cento delle cause potrebbe provocare una sanzione in sede comunitaria, avverte Mario Barbuto, capo del Dipartimento per l'ordinamento giudiziario del ministero della Giustizia. Alla presentazione del «Salone della Giustizia», che si svolgerà a Roma dal 28 al 30 aprile, l'allarme viene dal magistrato diventato l'emblema dell'efficienza «possibile» della giustizia italiana. Quando era presidente del tribunale di Torino con il suo sistema, prima le cause vecchie e poi quelle nuove, è riuscito a far smaltire il 26 per cento delle cause arretrate, a costo zero e con gli elogi di Strasburgo. Ha dimostrato che si può fare, ma ora che il Guardasigilli Andrea Orlando l'ha chiamato al suo fianco si scontra con la dura realtà, constatando quanto è difficile far seguire il suo esempio a tanti colleghi.

Eppure, spiega Barbuto, se si riuscisse a mettersi in regola, in un solo semestre si risparmierebbero tanti soldi da coprire tutti vuoti d'organico negli uffici giudiziari. I soldi spesi per la legge Pinto del 2001, che consente di richiedere un'equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito per l'irragionevole durata di un processo, quando supera i termini fissati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

L'Italia è sotto schiaffo continuo per i processi lumaca e i dati di Barbuto arrivano nel mezzo delle polemiche sulla nuova legge che allunga i termini della prescrizione e, secondo Ncd e Fi, rischia di far aumentare ancor più la durata dei procedimenti. E mentre il Csm disciplina il nuovo sistema delle ferie dei magistrati, che il premier Matteo Renzi ha voluto tagliare da 45 a 30 giorni.

Le toghe sono insorte, anche con ricorsi in massa al Tar per arrivare alla Consulta, contestando l'interpretazione della norma (il taglio sarebbe solo per i fuori ruolo). Ma il plenum di Palazzo de' Marescialli, con un singolare compromesso, spiega che sì nel decreto legge sul processo civile c'è un pasticcio che va corretto, però gli uffici devono adeguarsi al nuovo limite dei 30 giorni, visto che il ministro ha fissato il periodo feriale dal 27 luglio al 2 settembre. Per compensare, però, i dirigenti dovranno impedire che, per rispettare le scadenze, i magistrati siano costretti a scrivere atti e sentenze mentre sono in vacanza. Insomma, le ferie devono essere effettive. Ma giudici e pm volevano una bocciatura sonora e, con commenti infuriati sulle mailing list , attaccano violentemente i togati del Csm, incapaci di ottenerla.

Il taglio delle ferie Renzi l'ha collegato, provocando le ire dell'Anm, all'efficienza della giustizia. E sempre alla presentazione del Salone della Giustizia, il presidente del tribunale di Roma spiega quanto pesano i problemi di organico: ogni giorno è assente un terzo del personale, per ferie, malattie e altro. E la nuova legge che fa scendere da 75 a 70 anni l'età pensionabile per le toghe manderà a casa almeno 2.000 magistrati. Questo, mentre l'accesso all'ordine rimane difficilissimo e per formare una nuova toga, tra concorso e tirocinio, servono almeno 4 anni. Per coprire i vuoti al Consiglio di Stato, nota Filippo Patroni Griffi, occorrerebbe un incremento almeno del 25 per cento.

«Non serve aumentare le pene - avverte il presidente emerito della Consulta Annibale Marini - la cultura della legalità non potrà mai affermarsi con una giustizia-lumaca».

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