Mancato rispetto dei limiti di velocità. Parcheggio in divieto di sosta. Classico passaggio del semaforo rosso. Può capitare a Parigi, a Berlino, a Barcellona. Qualcuno paga, altri no. Molti si autoassolvono con un pensiero che suona più o meno cosi: la Comunità europea è troppo grande per inseguire la pagliuzza di una contravvenzione stradale. Errore: la Ue ha partorito un meccanismo dei suoi, contorto e costoso, per inseguire l'automobilista indisciplinato e l'Italia l'ha recepito a occhi chiusi, senza porsi alcuna domanda sul rapporto costi benefici.
Risultato, surreale e sconosciuto ai più: le corti d'appello, già intasate per i fatti loro, sono assediate da corposi dossier recapitati da Grecia, Austria, Olanda, Belgio, più in generale dalle mete più gettonate dai nostri turisti. Le autorità di quei paesi e degli altri della Ue trasmettono i dossier alle nostre corti d'Appello. Ecco la follia: si instaura un processo ordinario e si scomodano tre giudici, più il procuratore generale, più l'avvocato difensore, più il cancelliere, più le notifiche e tutte le altre spese per risolvere una bega che può valere cinquanta, cento, duecento euro. Insomma, nel nome dell'Europa si è inventato un congegno che serve solo ad appesantire un sistema giudiziario già in affanno. Ma, si sa, al peggio non c'è limite. E il provvedimento è passato nell'indifferenza generale.
Sulla carta, ma solo lì, la pensata avrebbe un senso: facilitare il riconoscimento reciproco delle sanzioni pecuniarie nei procedimenti penali per gravi reati. Per questo nel lontano febbraio 2005 il Consiglio dei ministri della giustizia Ue vara la norma. L'Italia si adegua alla sua maniera, con grande calma, esattamente 11 anni dopo, nel febbraio 2016, con il decreto legislativo numero 37. Solo che nel calderone finiscono non solo le sanzioni penali, ma pure le multe. E il carosello può cominciare. È difficile dare numeri, è più facile descrivere lo sbigottimento dei magistrati che normalmente si devono occupare di delicatissime questioni relative al diritto penale internazionale: pensiamo a Igor, il sanguinario bandito appena catturato in Spagna e che l'Italia vuole assolutamente processare per i crimini commessi nel nostro Paese. Ma il mondo cambia e diventa più piccolo, forse pure troppo.
Ecco che i giudici della quarta sezione penale della corte d'appello di Roma si riuniscono due volte in pochi minuti per esaminare due spinosissime vicende: due multe prese da cittadini romani in Olanda nel corso del 2017. Gli importi? Duecentotrenta e 48 euro. Sì, 48 euro. Lo Stato, che solo nel 2016 ha mandato in prescrizione 139.388 reati, compresa una violenza sessuale su una bambina, spreca tempo e risorse per definire una controversia da 48 euro. Incommentabile.
Per fortuna, almeno a Roma sono proprio i giudici ad aver eretto un argine a questa deriva antieconomica e dai tratti masochistici. In nome del popolo italiano la corte condanna il cittadino della capitale a versare i 230 euro, per quell'improvvida sosta sulla corsia d'emergenza dell'autostrada, ma poi dichiara, d' accordo con il procuratore generale il «non luogo a provvedere» per i 48 euro. A Roma hanno fissato la barriera della decenza a quota 70 euro.
Sopra si va a sentenza, sotto no, perché i costi della procedura, rigorosamente a carico dello Stato, sono di gran lunga superiori agli incassi. Meglio lasciar perdere. Ma anche per le cifre più importanti i dubbi superano le certezze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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