Chissà cosa dirà adesso l'Ocse, il famoso organismo internazionale che dalla sua sede parigina il mese scorso aveva bacchettato la giustizia italiana, colpevole di affossare troppo spesso le indagini per corruzione internazionale della Procura di Milano. Ieri sui pm ambrosiani arriva la nuova e definitiva sconfessione sul fronte più importante su cui si sono battuti in questi anni: quello delle tangenti che secondo il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale sarebbero state versate da Eni al governo nigeriano per ottenere la gestione del grande giacimento di petrolio Opl 245. La Corte d'appello presieduta dal giudice Giovanni Manzi ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da De Pasquale contro la sentenza di primo grado che nel marzo 2021 aveva assolto «perchè il fatto non sussiste» l'ex amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni e il suo successore Claudio Descalzi. A dissociarsi dal ricorso di De Pasquale era stata persino la Procura generale, essa stessa convinta dell'inconsistenza delle prove portate da De Pasquale a sostegno delle sue tesi. A De Pasquale, che aveva chiesto di poter rappresentare l'accusa anche nel processo d'appello, venne opposto dai suoi superiori un secco rifiuto.
Se per Scaroni, Descalzi e gli altri tredici imputati il processo si chiude definitivamente (l'unico a poter andare avanti è il governo nigeriano con una causa in sede civile) l'enorme pasticcio dell'inchiesta Eni è ben lontana dall' esaurire i suoi effetti postumi sulla giustizia milanese. Ormai è accertato che per ottenere la condanna degli imputati la Procura ha messo in atto tutte le strategie lecite e una parte di quelle illecite: almeno secondo la Procura di Brescia, che ha incriminato De Pasquale per avere nascosto prove a favore degli imputati e ha chiesto il suo rinvio a giudizio. Sempre a Brescia è approdato il fascicolo sul presunto complotto ai danni di De Pasquale di cui venivano accusati a Milano Descalzi e i suoi collaboratori: poi si è scoperto che Descalzi non c'entrava niente ed era anzi uno dei bersagli della trama, ordita proprio da uno dei testimoni preferiti di De Pasquale, l'ex avvocato di Eni Pietro Amara. La sorte di De Pasquale, per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio, si conoscerà il prossimo 8 gennaio. A breve dovrebbe chiudersi anche l'indagine bresciana su Amara e gli altri protagonisti del presunto complotto.
Questa vicenda processuale senza precedenti fa da sfondo ai veleni che hanno attraversato la Procura di Milano sulla gestione dei verbali di Pietro Amara sulla fantomatica Loggia Ungheria.
Verbali rimasti nei cassetti per lunghi mesi anche su pressione di De Pasquale, fino a quando il pm Paolo Storari non decise di consegnarli a Piercamillo Davigo. Ora Storari è stato assolto da tutte le accuse anche nel processo di appello; ma se non fossero intervenuti in sua difesa i colleghi in massa, il Csm si preparava a cacciarlo da Milano.
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