I trombati scrivono il libro dei sogni

Prodi, Monti e Letta elogiano il loro operato alla guida dei governi. Ma ignorano che quelle ricette erano inutili

I trombati scrivono il libro dei sogni

Si guarda allo specchio della storia e si fa i complimenti da solo: «L'Italia - spiega Mario Monti - è uscita da una grave situazione e nella sua finanza pubblica ha messo i conti a posto, è l'unico Paese dell'Europa del Sud non più colpito da una procedura di disavanzo eccessivo della Ue». Solo due anni fa Cernobbio era un tappeto sotto i piedi british del professor Mario Monti. Rigore e sobrietà dopo la stagione sopra le righe del Cavaliere. Oggi resta la memoria. Monti è solo uno dei tanti commensali che pranzano nella cornice scintillante di Villa d'Este. Indistinguibile dagli altri, una spruzzata di anonima malinconia. Per fortuna c'è Barroso a riconoscere il tratto di strada compiuto: «L'Italia ha passato un momento veramente difficile». Non è che ora se la passi proprio bene, la disoccupazione aumenta, il debito pubblico sale, inarrestabile, il tenore di vita precipita, ma Monti sembra raccogliere quell'applauso. E difende il suo bicchiere che per lui resta mezzo pieno: «Non credo che qualcuno auspichi che l'Italia esca da questa buona situazione anche perché i mercati la punirebbero». Insomma, lui ha costruito l'argine, con i mattoni del rigore. E oggi, oggi che non ha più la bacchetta e la sua scintilla si è spenta, predica ancora rigore. Sia pure declinato alla sua personalissima maniera: «A livello della Ue credo che serva un maggiore incoraggiamento per gli investimenti sia privati che pubblici e questa non la chiamerei flessibilità, ma rigore logico nell'applicare in questa situazione, in cui è necessaria la crescita, i principi base dello stesso patto di stabilità». Insomma, Monti prova a coniugarsi al presente. Tecnica e orgoglio. La scuola della Bocconi e una storia personale che non vuole andare al macero.

È il partito degli emeriti. Di quelli che hanno più titoli che ricette. Ma restano nella buca, come il suggeritore a teatro, a dispensare consigli e suggerimenti. Nel sontuoso parterre non manca Romano Prodi. È stato uno dei protagonisti dell'Europa, ora la critica: «Non ci sono stati tempi d'oro - dice ai Rainews24 - ma quando c'erano Kohl e Chirac si trovavano delle mediazioni. Io chiudo un occhio su questo e tu chiudi un occhio su quello». Game over, dice l'ex premier a proposito della sua candidatura al Quirinale, argomento fisso a Cernobbio da anni: ma oggi si spende per Mario Draghi che, secondo molti, potrebbe prendere il posto di Napolitano sul Colle: «Ci ha salvati, è stato quello che ha fabbricato il paracadute per l'Ue, ma non gli lasciano costruire il motore».

Dietro le quinte dell'ufficialità, molti finanzieri e banchieri sottolineano che Draghi ha dato un calcio in faccia alla Merkel. Lui, con un tratto di perfidia, ricorda non una ma due volte che dieci anni fa o giù di lì era la Germania, la Germania malato d'Europa e non ancora rimessa in carreggiata dalle riforme di Schroeder, a chiedere di derogare alle regole di Maastricht. Insomma, i tedeschi che oggi si stracciano le vesti davanti alle richieste dell'Italia e della Francia si scordano di quello che è accaduto solo ieri. E rincara la dose venendo in soccorso di Renzi: «Si fa presto a dire riforme, non si può farle se il Paese non cresce. Agli amici della Commissione europea dico: dateci la possibiltà di crescere». E così anche Prodi, Prodi che ha spinto l'Italia verso l'euro e che stava a Palazzo Chigi in una fase delicatissima per la nascita della moneta europea ora sul banco degli imputati, si schiera sulla frontiera della flessibilità. Contro i dogmi di Berlino. Chissà.

La signora Flavia, terminato il pranzo, s'intrattiene a lungo con Giulio Tremonti che alle domande dei giornalisti risponde con un cortese «no grazie». Anche lui qualche anno fa era un guru a queste latitudini. Ma i tempi vanno aggiornati. Il cameriere batte il gong e richiama tutti ai ferrei ritmi del Workshop Ambrosetti. Si rivedono face antiche e intramontabili: l'ex ministro Augusto Fantozzi. Il presidente di Bnl Luigi Abete.

E tante altre figurine del solito album politico imprenditoriale, Rigore & flessibilità. Il pendolo oscilla. Fuori il Paese arranca. Qui, dove i turisti americani spendono mille euro al giorno e passa per vivere dentro una fiaba, sembra solo un dibattito accademico.

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