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Proprietari contro Caritas sul blocco degli sfratti

Pioggia di critiche su Facebook dopo l'appello dell'associazione per un'ulteriore moratoria

Proprietari contro Caritas sul blocco degli sfratti

L'incubo delle case occupate da inquilini morosi (spesso per professione) protetti dalla legge grazie al blocco degli sfratti ideato dal governo Conte nel 2020 e prorogato svariate volte, sembrava finito con il 31 dicembre scorso, ultima scadenza dopo due (come minimo) interminabili anni di patimenti e risparmi andati in fumo. Ma per i piccoli proprietari il terrore che qualcuno si svegli e proponga un'altra - ennesima - proroga al blocco degli sfratti è sempre dietro l'angolo. E pochi giorni fa si è infatti materializza con un appello ufficiale della Caritas (organismo della Cei) che ha chiesto, visti i 4mila sfratti in attesa di esecuzione solo nella città di Roma dopo due anni di blocco in cui si sono inevitabilmente accumulati i procedimenti, «una moratoria di sei mesi all'esecuzione degli sfratti per dare risposte a persone e famiglie fragili». Tra i quali, evidentemente, la Caritas non include i proprietari di case espropriate, che in due anni si sono dovuti sobbarcare spese (condominiali, spesso anche luce e gas, Imu, avvocati, oneri per gli sfratti mai eseguiti, cifre esorbitanti per i mancati introiti) senza essere ricchi possidenti immobiliari ma pensionati, disoccupati, giovani coppie in attesa di entrare in casa loro, persone costrette a pagare mutui senza avere introiti dalla casa in affitto e altre centinaia di situazioni drammatiche (tutte raccolte e documentate da Confedelizia). Così, ormai esasperati da uno Stato che protegge chi non paga (i «ladri di case» li chiama Mario Giordano, che con il suo Fuori dal Coro è riuscito a liberare alcuni appartamenti), i piccoli proprietari di fronte alla proposta della Caritas di prolungare di altri sei mesi la loro agonia sono insorti. E hanno invaso la pagina Facebook dell'associazione cattolica per rispondere. Molti hanno ricordato l'enorme patrimonio immobiliare della Chiesa, che potrebbe essere messo a disposizione per dare una casa ai morosi, riconsegnando gli appartamenti ai legittimi proprietari che magari, a differenza della Cei, hanno solo quello di immobile. «La chiesa cattolica romana è proprietaria del 10% del patrimonio edilizio italiano datevi da fare invece di fare i brillanti con il portafoglio degli altri - scrive uno di loro- . Noi piccoli proprietari abbiamo già ampiamente dato e molti sono sul lastrico». «Caritas, dovete essere voi caritatevoli! Visto che avete un patrimonio immobiliare immenso. Io sono anni che faccio la carità ad un parassita, che lavora eccome lavora! Ha pure gli operai che lavorano per lui! La figlia va alla scuola privata. A me deve più di 40mila euro. Me li date voi? Cara Caritas! Bello fare i padroni con la casa degli altri!» dice un'altra proprietaria. «La carità è un atto volontario, non può e non deve essere una imposizione politica. La carità fatela usando le vostre risorse non calpestando i diritti altrui» scrivono ancora. Un altro propone alla Caritas di fare da garante per gli affittuari (se non pagano, paga la Caritas), altri ricordano le speculazioni immobiliari della Chiesa («200 milioni di euro spesi dal Vaticano per comprare un palazzo di lusso a Londra, per ospitare sfrattati?»). Altri invece ricordano i molti casi in cui la curia non si è fatta troppi problemi a sgomberare i propri locali da chi non pagava più l'affitto o le utenze. Una pioggia di commenti, tanto che molti - raccontano sulle loro pagine social gli autori - sono stati poi cancellati e bloccati dalla Caritas. «È l'ira dei miti», commenta Confedilizia. L'uscita della Caritas viene collegata dai gruppi dei piccoli proprietari alla linea del Papa, che più di una volta ha definito la proprietà privata come un diritto «non intoccabile». In una omelia Bergoglio ha detto che la condivisione dei beni «non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro».

Per la Caritas, evidentemente, può valere anche per la casa di proprietà.

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