Una protesta da bocciare

Una protesta da bocciare

Nell'adolescenza ci sono i brufoli, ma anche i cortei di protesta e le prime esperienze, chi d'estate e chi approfittando dell'occupazione della scuola. Solo così si comprendono le manifestazioni di queste settimane. Si comprendono ma non si giustificano. Troppo impegnative due prove scritte, dopo due anni di Dad? Premesso che aver tenuto tanto a lungo i ragazzi fuori dalle aule sia stata una delle peggiori espressioni del governo dei peggiori, e premesso che non si è visto nessun corteo per chiedere di rientrare e mettere in croce chi rendeva accessibili e sicure le aule, anteponendo come sempre l'interesse degli insegnanti a quelli degli studenti, parliamo pur sempre delle basi del loro futuro. Quando non potevano uscire, fare sport, andare al pub e in discoteca, almeno potevano concentrarsi sui libri e aggiungere qualche mattoncino utile per la vita. Girava sui social la foto di un ragazzino seduto per strada a studiare sotto un lampione, perché in casa risparmiavano sulla bolletta. Com'è che i nostri studenti, tanto veloci con tutti i video di Zerocalcare, se la sono persa? Forse non l'hanno voluta vedere?

Bambino volenteroso a parte, gli ultimi cortei sono stati intitolati ai due studenti tragicamente morti mentre stavano facendo un periodo di scuola-lavoro. Senza usare termini forti, possiamo dire che sia stata una scelta quanto meno indelicata? Quegli studenti sono stati vittime di qualcosa che non ha funzionato, di un deficit di sicurezza sul lavoro che ha assunto negli ultimi 18 mesi dimensioni francamente inaccettabili. Ogni italiano è giustamente indignato che persone che lavorano possano non tornare a casa, per di più a un ritmo davvero intollerabile. Questo è un problema, una piaga nazionale. Ma cosa c'entra con la scuola-lavoro? In che cosa sarebbe stato diverso, se fossero stati ragazzi già diplomati e entrati stabilmente nel mondo del lavoro? L'alternanza offre agli studenti la possibilità di annusare l'aria che tira dove si lavora, e per questo rimane una delle cose positive dell'ultima riforma.

Tuttavia, si può essere contro, con validissime ragioni. Il limite della scuola non è la troppa didattica ma la poca, per di più di scarsa qualità. La scuola non deve insegnare un lavoro, ma addestrare ad apprendere, a pensare e ad elaborare soluzioni. Gli alunni italiani da decenni non reggono il confronto con i loro coetanei di altri Paesi. Questa debolezza si traduce poi nella mancata scelta di percorsi di laurea più qualificanti, quelli nelle materie scientifiche ed economiche, e nella difficoltà di troppi a conseguire una laurea, pure in materie più accessibili. A seguire, lamentano un inserimento nel mondo produttivo difficile e scarsamente remunerato. Ma i due ragazzi non sono stati vittime della scuola-lavoro, ma della mancanza di sicurezza sul lavoro.

Tornando ai manifestanti, stanno passando in classe questo terzo anno scolastico toccato dalla pandemia, grazie all'ostinazione del governo e nonostante le pressioni sindacali. Un corteo ci sta, sennò non diventi grande. Ma uno.

Per gli altri, lasciassero perdere e si concentrassero su come tirar fuori il massimo da quelle poche ore di didattica in presenza che ancora gli restano. Quelle non torneranno più. Avranno tempo per cambiare il mondo, o per scoprire che il mondo non vuole essere cambiato.

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