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Quella protesta che divide Lega e i 5s

Il partito del Pil è contro i grillini. Che sognano un piano B col Pd

Quella protesta che divide Lega e i 5s

Roma Il grido di protesta in grisaglia grigia si alza composto da parte dei tremila imprenditori arrivati da tutta Italia alle Ogr, le ex Grandi Officine Riparazioni di Torino dove si riparavano i treni dalla metà dell'800. Luogo simbolico scelto per la manifestazione organizzata per sollecitare il rilancio delle infrastrutture a partire dalla Torino-Lione.

Il messaggio spedito al governo dal partito del Pil è limpido, chiaro e tagliente. Un servizio di posta celere con ricevuta di ritorno a cui la Lega non resta indifferente, mentre i Cinquestelle scelgono la strada del silenzio. «Tutti hanno diritto di manifestare e la politica ha il dovere di ascoltare» dice Giancarlo Giorgetti, interpellato sulla manifestazione di Torino per la Tav e sulla prossima iniziativa annunciata dagli artigiani. «Noi non viviamo sulla luna ma in mezzo alla gente, alle imprese conosciamo le esigenze e sappiamo ascoltare quelle che sono le necessità di coloro che hanno voglia di lavorare».

L'approccio, insomma, è sempre quello basato sull'osservazione della realtà prima che sull'applicazione rigida di una scelta ideologica. Un approccio che - già qualcuno suggerisce dentro il Carroccio - dovrà essere adottato anche per comprendere la reale evoluzione e la dinamica del mercato del lavoro, visto che l'irrigidimento causato dal Dl Dignità non sembra produrre i risultati sperati e le categorie iniziano a essere in subbuglio.

Le fibrillazioni più forti si registrano, comunque, sulla questione settentrionale, con la classe imprenditoriale del Nord-Ovest e del Nord-Est schierata in una sorta di mobilitazione permanente per bloccare scelte «tafazziane» sulle grandi opere e ricordare alla Lega il suo contratto con il territorio. Un altro campanello d'allarme è sicuramente rappresentato dai tempi della manovra la cui gestazione diventa sempre più faticosa, considerato che doveva arrivare in aula alla Camera già ieri mentre l'inizio della discussione è slittato a domani. Senza dimenticare che in assenza di un accordo interno alla maggioranza e di un compromesso con la Commissione europea i veri nodi sono rimandati al Senato, in una sorta di gioco del cerino tra le due Camere.

Qualche fibrillazione si inizia a cogliere anche nel campo grillino. Non è certo passata inosservata l'apertura del Fatto Quotidiano, il giornale più vicino alle posizioni dei Cinquestelle, che ha di fatto perorato la causa di un piano B. «In caso di elezioni anticipate il 55% degli elettori del Pd preferirebbero un accordo con il Movimento 5 stelle, il 9% con Forza Italia e il 3 con la Lega. A rilevarlo è un sondaggio di Antonio Noto per il Quotidiano nazionale», si legge sul quotidiano diretto da Marco Travaglio. La notizia oltre ad aprire il giornale viene poi trattata sulle pagine 2 e 3 con una ampia intervista a Gianrico Carofiglio, ex magistrato ed ex senatore Pd, oggi scrittore, che perora la causa di un accordo a sinistra tra M5S e Pd.

C'è poi l'incognita Europee con cui fare i conti. Ieri Alessandra Ghisleri intervenendo al PhotoAnsa 2018 insieme al direttore Luigi Contu ha fatto notare che se la Lega sprinta «M5s annaspa e perde consensi nei sondaggi. Alcune proposte, come le chiusure domenicali, continuano a creare divisioni e tifoserie. Il vero rischio ora per il M5s è che la Lega diventi il partito del Sud».

Con un risultato elettorale che modifichi radicalmente gli equilibri su cui si regge la maggioranza di governo.

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