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Protesta contro Napoleone: un veneto rischia il carcere

L'autonomista Albert Gardin due anni fa promosse un sit in fuori dal teatro. Ha violato una legge del '26

Protesta contro Napoleone: un veneto rischia il carcere

In Italia puoi manifestare contro tutto e tutti, puoi bruciare fantocci, bloccare cantieri, impedire opere pubbliche, occupare binari e non ti succede nulla. Guai invece se tocchi la buonanima di Napoleone. Un gruppo di irriducibili nostalgici della Repubblica veneta, la più antica del mondo, cancellata proprio da Bonaparte dopo mille anni di storia, finirà sotto processo per aver protestato contro un concerto commemorativo del condottiero francese. Il capofila comparirà davanti al giudice il prossimo 14 febbraio, giorno di San Valentino. Rischia fino a sei mesi di arresto.

La storia risale a due anni e mezzo fa. Il 6 ottobre 2015 nella Scuola grande di San Rocco, a due passi dalla chiesa dei Frari nel cuore di Venezia, è in programma un concerto per celebrare i 200 anni della battaglia di Waterloo. Fu la sconfitta decisiva, Napoleone finì in esilio. Alcuni gruppi di indipendentisti si offendono. E protestano sulle reti sociali e con volantini. Nulla di eversivo, tutto è alla luce del sole. Il promotore è Albert Gardin, 68 anni, presidente del Governo veneto, una delle sigle degli autonomisti. Parlargli del generale francese, l'affossatore della Serenissima, è agitare il drappo rosso al toro. «Celebrare Napoleone a Venezia è come ricordare Hitler a Tel Aviv», si scandalizza. I volantini ripercorrono le gesta di Bonaparte, le violenze, i furti, i soprusi contro gli enti ecclesiastici, i saccheggi, i sacrilegi. «Per noi resterà sempre un despota e tiranno», sentenzia Gardin.

Nei giorni precedenti è lui ad alimentare il battage sulle reti sociali e a mandare mail a giornali, agenzie di stampa, organizzatori e perfino alla Digos. La questura registra la missiva il giorno prima, 5 ottobre. Chiama Gardin e gli chiede che cosa abbia intenzione di fare. Lui risponde, stando alla relazione redatta da un sovrintendente di polizia, che transiterà da solo davanti all'edificio della Scuola grande senza impedire lo svolgimento del concerto. Nessuna manifestazione organizzata.

La sera dopo nella calle veneziana si radunano in 25, come i lettori dei Promessi sposi. Cantano canzoni venete, sventolano bandiere di San Marco, issano cartelli di protesta. Dentro, ad ascoltare l'orchestra San Marco che suona in onore di Waterloo e di Napoleone, sono in 70. Il concerto si svolge senza problemi, come registra il verbale della Digos che sorveglia da lontano i nostalgici senza intervenire e prende nota della presenza di Gardin. Il quale a una cert'ora, alle 21,30, saluta la compagnia. I suonatori sarebbero andati avanti un'altra ora abbondante in tutta tranquillità.

Una settimana dopo la Digos informa la Procura della Repubblica di Venezia. L'ipotesi di reato attribuita a Gardin è la violazione dell'articolo 18 del Testo unico di pubblica sicurezza, una legge del 1926, che impone di chiedere l'autorizzazione prima di organizzare una manifestazione pubblica. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e un'ammenda da 103 a 413 euro: è la pena che rischia Gardin.

«Ma esternare civilmente il proprio dissenso si lamenta lui - non è organizzare una manifestazione, la polizia ha esperienza di queste cose e non capisco come mai un raduno spontaneo sia stato confuso con un'assemblea sediziosa».

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