La prova è nei dati: con austerità e tasse cresce il sommerso

Stangate fiscali e rigore fanno danni. Con la ricetta del governo Monti la parte illegale dell'economia è aumentata fino a valere 206 miliardi

Le stangate fiscali hanno prodotto una crescita del «nero», creando una sorta di effetto boomerang nei confronti dei governi, quello di Mario Monti in primis, che pensavano di risolvere con le tasse i problemi strutturali del Paese. La fotografia pubblicata ieri dall'Istat sul peso dell'economia sommersa in Italia nel triennio 2011-2013 ha rivelato che nel periodo in questione l'incidenza della componente non dichiarata o illegale è salita al 12,9% del Pil, superando i 200 miliardi di euro, 206 per la precisione.In particolare, il solo valore aggiunto creato dall'economia sommersa è di circa 190 miliardi di euro, pari all'11,9% del Pil nel 2013, in aumento dall'11,7% nel 2012 e dall'11,4% nel 2011. Ma che cosa si intende per economia sommersa? Fondamentalmente tutto ciò che si cerca di occultare agli occhi e alle orecchie del Grande Fratello fiscale: sottodichiarazioni di fatturato e di costi, impiego di lavoro irregolare fino ad arrivare alle piccole/grandi omissioni individuali che vanno dalle mance fino agli affitti in nero.Circa la metà del valore aggiunto prodotto dall'economia sommersa - che l'Istat misura e inserisce nel calcolo del Pil - è generato dalle sottostime dei redditi (47,9%), oltre un terzo dal lavoro nero (34,7%) e per il 17,4% dalle altre componenti. Fatta salva la condanna per tutte le pratiche illecite e illegali, occorre anche domandarsi che cosa abbia potuto causare l'infedeltà alle pratiche regolari. La risposta arriva subito se si guarda al progresso della pressione fiscale nel triennio considerato. La pressione fiscale, infatti, dal 42,6% del Pil registrato nel 2011 (valore uguale a quello dell'anno precedente) è aumentata al 44% nel 2012 e ha toccato un record del 44,3% nel 2013.Si potrebbero semplificare queste percentuali affermando che il governo di Silvio Berlusconi, legittimamente eletto, sia stato defenestrato proprio per consentire a Mario Monti e ai suoi sodali di tartassare a proprio piacimento gli italiani. Ma c'è una questione politico-economica ancor più grave che sottende a questa evoluzione negativa. Il governo dei Professori aveva tradotto in leggi i desiderata dell'Unione europea a guida tedesca, sostenendo che una crisi si potesse risolvere con il rigore di bilancio. I fatti hanno dimostrato il contrario e le statistiche lo confermano: aumentando le tasse non si aumentano le entrate, ma si fa crescere il numero di coloro che cercheranno di sfuggirvi. L'avevano capito Ronald Reagan e Margareth Thatcher trentacinque anni fa, Mario Monti ed Enrico Letta devono aver saltato quelle pagine dai libri di testo.C'è di più. L'aggravarsi della crisi ha determinato un'emorragia di posti di lavoro con un tasso di disoccupazione che dall'8,4% del 2011 è salito al 12,1% del 2013 (12,7% l'anno successivo). E questo ha portato molti a scegliere di lavorare in nero - senza contributi e senza tutele - pur di procurarsi un reddito. Nei tre anni osservati circa 3,5 milioni di lavoratori sono scomparsi dai radar dei quali poco meno di 2,5 milioni di dipendenti. Insomma, tre lavoratori su dieci sono in nero: l'incidenza maggiore nei servizi e in agricoltura.

Il peso delle attività illegali, infine, è rimasto sostanzialmente stabile: nel 2013 valevano circa 15 miliardi dei quali 11,5 miliardi relativi al traffico di stupefacenti, 3,5 miliardi alla prostituzione e 300 milioni circa al contrabbando di sigarette. Sono business che purtroppo non conoscono la crisi.

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