Le prove che i buonisti mentono Navi vicinissime alla costa libica

Molte sconfinano aspettando di raccogliere l'Sos dei profughi

Valentina Raffa

Adesso non è più possibile negare l'evidenza. Nessuna nave delle Ong non ha mai sforato i confini delle acque territoriali libiche o tunisine? Sostengono di no. Ma certo che sì. In questi giorni sono tutte a fare quadrato dopo la notizia dell'inchiesta conoscitiva aperta dalla procura di Catania per verificare il corretto operato di alcune di loro e individuare chi siano i finanziatori che sovvenzionano le loro uscite in mare, e dopo la richiesta del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro alla politica di «fare uno sforzo enorme per concentrare le forze dell'ordine in questa inchiesta al fine di fornirgli gli strumenti per trasformare le fonti di conoscenza di cui è già in possesso la procura etnea in prove da potere utilizzare processualmente». Tutte a professarsi ligie alle leggi.

Ma ecco saltare fuori uno screenshot del sistema Ais (Automatic Identification System) che immortala il 1° luglio del 2015 all'interno delle acque territoriali tunisine la Bourbon Argos, imbarcazione oggi non più in uso che era in dotazione a Medici senza frontiere, che nella distinzione effettuata dal procuratore Zuccaro tra Ong sta tra quelle «buone». In pratica si trovava a due passi dalla battigia. Non è questo, ovviamente, l'unico caso in cui qualche Ong si è spinta con le proprie imbarcazioni oltre i confini territoriali delle acque libiche e tunisine a trasbordare immigrati dai loro natanti sempre più fatiscenti proprio alla luce del fatto che tanto ci sono le navi dei soccorsi pronte a intervenire.

Proprio le acque tunisine sono pattugliate da una motonave che impedisce di approdare, seppure è tunisino il porto più vicino e dunque quello in cui, secondo gli accordi internazionali, andrebbero sbarcati i passeggeri, in quanto la Tunisia si guarda bene dall'accogliere gli immigrati. E allora le navi dei soccorritori che hanno preso i migranti a bordo si dirigono verso le coste siciliane. L'unica risposta all'Sos lanciato viene, infatti, dalla Guardia costiera italiana, che indica alla Ong in quale porto dirigersi, mentre la Capitaneria di porto maltese e la tunisina fanno orecchie da mercante. Sanno, ma si voltano dall'altra parte.

Anche in questi giorni, dopo la polemica innescata dall'inchiesta conoscitiva etnea sulle Ong e dalla notizia che sono in tutto tre le procure siciliane a indagare, parecchie navi delle Ong restano in attesa a poche miglia dai confini territoriali delle acque straniere. Stanno lì ad aspettare a pochi chilometri dalla linea di confine. Anche in questo caso c'è uno screenshot del sistema Ais datato 28 aprile che dà il quadro della situazione.

La più vicina si trova a circa 10 km dal confine, le altre giù di lì. Nello specifico si vedono la Aquarius, la Sea-Eye e la Iuventa. Pare che quest'ultima in genere trasbordi gli immigrati raccolti in mare su altre imbarcazioni non entrando in acque territoriali italiane.

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