Politica

Pudiche trasparenze Il canto (quasi) libero della donna Prada

Miuccia e «la fascia della censura»: ci vuole rispetto per il pensiero di tutti

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«Più Prada e più Milano di così non si può» dicono in coro gli addetti ai lavori della moda nati e cresciuti sotto quel cielo di Lombardia così bello quand'è bello. Per presentare la collezione Resort 2018, Miuccia Prada ha infatti scelto Osservatorio, il nuovo spazio espositivo costruito al quinto e sesto piano della Galleria Vittorio Emanuele II. In quest'area che domina la cupola dell'Ottagono e buona parte del salotto buono della città, la Fondazione Prada organizza mostre di fotografia che sfidano il confronto con le meravigliose volute in vetro e ferro progettate da Giuseppe Mengoni. Proprio qui di fronte nel 1913 Mario Prada, nonno di Miuccia, aprì il celeberrimo negozio da cui poi è nata l'azienda che nel 1919 sarebbe diventata fornitrice ufficiale della Real Casa Savoia e oggi è il fiore all'occhiello della moda italiana nel mondo.

Non a caso tra gli ospiti ci sono personaggi di fama stellare come Susan Sarandon meravigliosa ultrasessantenne senza sfregi chirurgici sul viso, Courtney Love che a malapena riesce a parlare ma almeno ha ancora gambe e lato B da minigonna di pelle, Bianca Jagger sempre impeccabile e tutte le migliori attrici italiane tra cui Valeria Golino, Alba Rohwacher, Isabella Ferrari e Stefania Rocca.

Le modelle sfilano sul parquet distrutto dai bombardamenti del 1943 e ricostruito da Prada con un paziente restauro. Il ticchiettio delle scarpette a punta con sottili tacchi a spillo di pochi centimetri è coperto da una colonna sonora in cui si riconoscono alcune note del più famoso walzer di Strauss: Die Blaue Donau. In alternativa ci sono bellissime sneaker e stupefacenti sandaletti che riprendono nella pelle argentata o dorata le volute della cosiddetta architettura del ferro da cui siamo circondati. «Questo posto è talmente bello che mi ha ispirata» dice Miuccia parlando di una specie d'incontro tra il modernismo e tutte le avanguardie estetiche dell'art nouveau con lo stile tecnico di cui è l'indiscussa maestra e la leggerezza che è un tema centrale della contemporaneità. Ecco quindi gli impalpabili abiti fatti di veli plissettati, sovrapposti, ingabbiati da minuscole cotte metalliche ma soprattutto coperti nei punti strategici da una sorta di «fascia della censura», tipo quella che negli anni Sessanta si metteva sulle immagini contrarie al comune senso del pudore.

Su questo punto la grande signora del made in Italy fa l'osservazione più interessante. «Oggi - dice - la nudità non è più consentita il rispetto del pensiero altrui restringe il vocabolario estetico. Del resto se devi dialogare con centinaia di religioni, culture e sensibilità, non puoi fare quel che ti pare: sei costretto a tener conto della diversità».

Tradotto in moda significa che non traspare neanche un centimetro di pelle sotto tutti quei veli, l'unico scollo per altro sensazionale è su un cappotto grigio che lascia scoperte le spalle. Tutto il resto è la quintessenza dello stile Prada: dall'uso sublime del nylon a un certo non so che di sportivo nella più squisita eleganza borghese senza mai scadere in quel che a Milano si chiama «vestire da sciura». C'è perfino un superbo remake del logo di ferro déco usato dal nonno Mario sui bagagli con cui fece la traversata atlantica in piroscafo costringendo le figlie a vestire di nero dalla testa ai piedi perché pensava che in caso di naufragio gli squali non le avrebbero mangiate.

L'ultima battuta di Miuccia è quasi inquietante. «Mi è capitato di dire con Raf Simons che oggi per parlare liberamente bisogna fare le società segrete» dice prima di trasferirsi alla Fondazione dove ieri sera c'è stata l'inaugurazione della mostra di Francesco Vezzoli TV70 dedicata alla televisione. Presenti anche Rita Pavone, Cicciolina e Iva Zanicchi che ha pure cantato.

Ci voleva Prada per dire che questo è il nostro canto libero.

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