
Che un brivido sia salito sulla schiena di Vladimir Putin è più che verosimile. Nonostante il passato e il presente del leader russo non lasci molto spazio agli scrupoli, toccare con mano che Unione Europea e Stati Uniti siano compatti alla vigilia di un vertice chiave, di certo non gli ha fatto piacere. Perché va bene gonfiare il petto, dimostrarsi intransigente e continuare a bombardare a spron battuto, però se tutti sono contro lui, a un certo punto, magari proprio questo punto, persino lui potrebbe essere costretto ad abbassare la cresta. Non a caso, dopo giorni di silenzio, in cui dal suo entourage filtravano tensione e malumore, lo Zar è tornato a parlare, come sempre non a caso. Un messaggio velato qua, una minaccia là. Come al solito nel suo stile. "L'amministrazione Trump fa sforzi efficaci per porre fine alle ostilità in Ucraina", ha detto in quella che sembra a tutti gli effetti una lisciata di pelo al presidente americano. Cui segue il solito rialzo di posta: "Una pace verrà raggiunta se Russia e Usa riusciranno ad arrivare a un accordo sulle armi nucleari".
Un tema mai discusso prima, utile a Putin per spostare l'attenzione dal vero motivo del contendere e, al tempo stesso, cercare di riprendere tra le mani lo scettro del potere che sembra in tutto e per tutto nel pieno controllo di Trump, in un gioco di forza in cui nessuno vuole essere numero due. Ci prova Putin, consapevole che se tutti si schierano per davvero contro di lui, allora può mettersi male. E dopo le minacce di Washington e la ritrovata unità dell'Europa, ecco che qualcosa Putin deve inventarsi, perlomeno per prendere altro tempo. Per questo, prima della partenza per l'Alaska, ha riunito i massimi esponenti del suo cerchio magico per studiare la strategia più efficace da mettere in campo. Con lui in Alaska ci saranno tre ministri e due consiglieri presidenziali. La delegazione sarà composta dal consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, il consigliere per gli investimenti stranieri Dmitriev e i ministri degli Esteri Lavrov, della Difesa Belousov e delle finanze Siluanov. Dimostrazione di come lo Zar voglia ampliare la discussione con Trump su altri argomenti, specialmente di tipo economico, per cercare di insinuarsi là dove Trump potrebbe essere più sensibile.
Lo conferma il fatto che alla vigilia abbia parlato anche lo stesso Dmitriev, l'amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti, l'uomo che tiene in mano i conti della Russia. E non a caso ha detto che il vertice Trump-Putin "è un'opportunità per ripristinare le relazioni trai due Paesi. Penso che il dialogo sia molto importante e penso che sia un incontro molto positivo per il mondo perché durante l'amministrazione Biden non c'era dialogo", ha spiegato, facendo intendere chiaramente che un potenziale accordo economico tra Washington e Mosca potrebbe essere all'ordine del giorno. Ma nel frattempo, il portavoce del Cremlino si è affrettato a chiarire che non ci sarà nessuna dichiarazione scritta congiunta tra i due leder, spiegando che ci sarà comunque una conferenza stampa congiunta, fatto su cui invece Trump non sembra concordare. Peskov ha voluto sottolineare che "al momento stiamo parlando delle discussioni fra Russia e Stati Uniti, stiamo parlando di un vertice russo-americano", per far notare l'esclusione, almeno momentanea, di Kiev dal tavolo.
Un modo per gonfiare, ancora, il petto in pieno stile russo. Anche se è chiaro che tanto, se non tutto, dipenderà dalle mosse di Trump. E che se l'Occidente confermasse la propria unità, Putin potrebbe trovarsi presto spalle al muro.