Rodolfo PariettiA far capitolare Vladimir Putin è stato forse l'ultimo report della Banca centrale russa, con quella doppia sottolineatura sulle stime del Pil 2016, destinato a contrarsi fra l'1,7 e il 2,5%. Recessione dura, ancora crisi nera dopo quella feroce dello scorso anno (-3,7%), voragine del deficit candidata ad allargarsi pericolosamente. In cassa, sempre meno soldi. Risucchiati dal gorgo delle sanzioni, dalla picchiata dei prezzi del petrolio e dalla iper-svalutazione del rublo. Per Mosca non è più il tempo dell'inazione, occorre muoversi. Come? Vendendo pezzi dell'argenteria. Con l'obiettivo di rastrellare 800 miliardi di rubli, un gruzzolo da 10,3 miliardi di dollari circa, buono giusto per far fronte all'emergenza.Una bestemmia durante il regime sovietico, ora le privatizzazioni hanno acquisito un'aura di salvezza e appaiono confortevoli come una coperta calda. Finirà all'asta un pezzo del colosso petrolifero Rosneft, verosimilmente una fetta pari al 19,5% del 69,5% complessivamente sotto l'ala statale; e un bel cartello «vendesi» verrà appiccicato anche su Bashneft, Alrosa, Sovkomflot e sulla banca Vtb. Non è la prima volta che il governo punta su un piano di dismissioni per raddrizzare il bilancio. Già nella primavera scorsa Mosca sembrava sul punto di alienare porzioni di ben 431 aziende pubbliche, tra cui Rostelekom, Sovkomflot e il 20% del porto marittimo commerciale di Novorossijsk sul Mar Nero. Poi, non se n'era più fatto nulla a causa delle pessime condizioni dei mercati a livello internazionale. Rispetto ad allora, la situazione è perfino peggiorata a causa della fortissima volatilità, della frenata cinese e dell'ulteriore indebolimento dei prezzi del petrolio. Insomma: è proprio un momentaccio per cercare di piazzare i gioielli di famiglia. C'è il concreto rischio di doverli svendere. Ma ormai «la decisione è presa», ha detto il ministro dello Sviluppo economico Alexei Ulyukayev - Tutti gli introiti saranno destinati al bilancio pubblico».Un'alea iacta est in salsa russa che potrebbe significare che i potenziali acquirenti sono stati già trovati. Il boccone più appetitoso è ovviamente Rosneft, nel cui capitale sono già presenti gli inglesi di Bp con una quota di minoranza. La pista interna porta agli oligarchi dell'energia che reggono i fili di Gazprom e Lukoil, nonostante i rapporti con Putin si siano raffreddati dopo che il Cremlino aveva ventilato un inasprimento del prelievo fiscale sulle compagnie petrolifere.Al di fuori dei confini russi, a cinesi e indiani potrebbe interessare mettere un piede nel gigante guidato da Igor Sechin.
Ma non è da escludere anche l'opzione Iran, con cui i rapporti sono ottimi. Mosca ha da poco sottoscritto una commessa da 8 miliardi per la fornitura di armi a Teheran e si è candidata per piazzare in Europa il petrolio iraniano ormai libero dalla camicia di forza delle sanzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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