Coronavirus

Quasi tutta Italia torna in arancione "Siamo al picco". Ieri altri 718 morti (ma pesa la Sicilia)

Rosse Campania, Valle d'Aosta, Sardegna e Puglia, 8 Regioni con dati da giallo. La Lombardia cambia colore dopo un mese. Brusaferro: "Casi al plateau, presto il calo dei decessi". Nell'ultimo bollettino incluse anche 258 vittime siciliane.

Quasi tutta Italia torna in arancione "Siamo al picco". Ieri altri 718 morti (ma pesa la Sicilia)

I dati migliorano ma troppo lentamente per ipotizzare aperture generalizzate. La media nazionale dell'Rt, l'indice di trasmissione, scende a 0,92 e l'incidenza dei positivi nel rilevamento più recente degli ultimi 7 giorni si attesta a 185 casi per 100mila abitanti. Molto al di sotto dei 250 casi che portano al passaggio automatico in rosso.

Per tutto il mese di aprile però il giallo sembra destinato a restare un miraggio: gli italiani dovranno accontentarsi dell'arancione anche se 8 regioni e precisamente Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Pa Bolzano, Pa Trento e Umbria da circa 14 giorni registrano parametri costanti che sarebbero compatibili con le misure della zona gialla.

Ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato l'ordinanza che segna il passaggio dal rosso all'arancione e dunque la riapertura dei negozi, dei parrucchieri e dei centri estetici in sei regioni: Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Calabria e Friuli-Venezia Giulia. Restano in rosso Campania, Valle d'Aosta e Puglia alle quali si aggiunge la Sardegna con una parabola decisamente negativa dopo essere diventata la prima e unica regione bianca.

É il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro a spiegare che occorre cautela perché se si riapre senza limiti il rischio di dover poi tornare ad un lockdown rigido come è accaduto ad altri paesi Ue, è troppo alto. «Non esiste una soglia predefinita per riaprire, gli scenari devono essere monitorizzati attraverso vari indicatori, e su questo si sta lavorando sostanzialmente sulla prospettiva di maggio», dice Brusaferro.

Sono proprio le varianti, spiega il direttore del Dipartimento di Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, la causa di una decrescita così lenta. Oramai il ceppo del Kent la cosiddetta variante inglese ha sostituito il precedente ed è presente nell'85 per cento dei casi.

Troppo pesante il sovraccarico per le strutture ospedaliere come conferma anche l'ultimo bollettino con 18.938 nuovi casi registrati per 362.973 tamponi eseguiti con un rapporto positivi tamponi al 5,2 rispetto al 4,8 di ieri.

Il numero dei decessi giornalieri resta purtroppo molto alto 460. A questi si aggiungono i 258 decessi della Sicilia relativi ai mesi precedenti facendo così salire il totale registrato ieri a 718.

In terapia intensiva sono 192 i nuovi ingressi. E il Report Iss sottolinea che il tasso di occupazione delle terapie intensive e delle aree mediche resta sopra la soglia critica: il 41 per cento contro il 30 per i reparti d'emergenza e il 44 contro il 40 per le aree mediche.

In generale gli esperti osservano «una diminuzione del livello generale del rischio». Liguria, Puglia, Toscana e Valle d'Aosta restano ad un livello di rischio alto mentre Lombardia, Trento, Sardegna e Sicilia si attestano su un rischio moderato ma ad alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane. Per Veneto e Bolzano si segnala un rischio basso.

La lentezza della campagna vaccinale di fatto incide pesantemente sulla possibilità di riaprire. E ora si teme che aumentino le rinunce per Astrazeneca. Rezza difende il vaccino di Oxford e critica la mancanza di omogeneità nelle scelte dell'Europa sulla campagna vaccinale.

«In questo mese bisogna ancora fare sacrifici cercando di aumentare le vaccinazioni della popolazione anziana e fragile» dice Rezza che per Astrazeneca auspica «una posizione univoca a livello Ue» ma osserva «uno dei problemi maggiori in questa pandemia è stata purtroppo la mancanza di coesione e uniformità negli interventi dei paesi europei».

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