Cronache

Quegli adulatori di Palamara che ora dicono "mai visto"

Quando scoppiò lo scandalo, 180 colleghi gli inviarono messaggi di affetto e solidarietà. Poi l'hanno scaricato

Quegli adulatori di Palamara che ora dicono "mai visto"

Palamara? E chi lo conosce? Ora che all'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati è stata tolta la toga di dosso, cacciato per indegnità dopo un processo lampo davanti al Csm, non si trova un solo giudice in Italia disposto ad ammettere di essergli stato amico. Peccato che nei meandri dell'indagine della Procura di Perugia, analizzando le tonnellate di chat succhiate dal telefono di Palamara dal trojan della Guardia di finanza, si possa ricostruire un documento sorprendente e - per alcuni aspetti - imbarazzante.

Sono i messaggi che piombano sullo smartphone del pm romano nel giorno che dà il via al putiferio: il 29 maggio 2019, quando per la prima volta sui giornali viene rivelata l'esistenza dell'indagine contro di lui. Da un capo all'altro della penisola, giudici e pubblici ministeri sommergono Palamara di dichiarazioni di stima, di solidarietà, di affetto: a volte pacatamente, a volte sfiorando quasi il ridicolo, i colleghi fanno sapere al loro leader che stanno dalla sua parte contro la «macchina del fango» che lo ha preso di mira. Tra i firmatari c'è qualche nome noto, e pure un paio di miracolati dal «sistema Palamara», le nomine spartite tra le correnti. Ma la maggioranza sono magistrati-massa, la base elettorale del grande tessitore di alleanze e di accordi. «Siamo con te!», gli scrivono. Nei mesi successivi, uno dopo l'altro, spariranno tutti.

Centottanta messaggi nell'arco di poche ore: ribolle di affetto, nella lunga giornata primaverile, il cellulare di Palamara. A leggerli col senno di poi, ci sono casi eclatanti, come il presidente di tribunale che scrive: «Ti sono umanamente vicino, le notizie a orologeria quasi mai sono casuali. Sono sicuro che andrà tutto bene». Beh, è lo stesso giudice che qualche mese dopo tuonerà: «Palamara deve farsi da parte!».

Ma in quelle ore la fiducia verso il leader sotto tiro è granitica. «Ciao, per me è spazzatura», fa sapere una giudice. «Ho imparato a conoscerti e a stimarti in questi anni - scrive dalla Sicilia un procuratore della Repubblica - e ti confermo la mia vicinanza anche in questa circostanza! Sono certa che tutto si chiarirà e allora festeggeremo». Un pm pugliese: «La macchina del fango è sempre pronta quando devono far fuori i migliori. È dura ma ne uscirai a testa alta». Ci sono sprazzi quasi lirici: «Richiama tutte le forze e le energie che ritenevi di avere perso, affronta il nuovo scenario, recita il ruolo, cerca di interpretarlo in armonia con la tua essenza, credi nel tuo futuro, esercita la mente, mantieni l'identità». Più concreta la dirigente di una sezione meridionale dell'Associazione magistrati: «Sono grandi carognate».

Anche due procuratori della Repubblica settentrionali accorrono in sostegno di Palamara: «Tu lo sai - scrive uno dei due, da una città della bassa lombarda - che x me sei sempre il più grande di tutti , vero?». Molti si lanciano già nelle ipotesi sui motivi dell'attacco: e se c'è chi sta sul generico, «l'invidia arriva a livelli assurdi, è la stagione dei veleni», c'è anche chi entra più nei dettagli. «Hanno strumentalizzato una notizia nota da mesi per influenzare esclusivamente la nomina alla procura di Roma», scrive un giovane giudice della Capitale. «Nessunissimo dubbio - aggiunge un altro collega - sull'onestà e rettitudine di Luca che conosco da tempo immemorabile prima del nostro ingresso in magistratura; la tempistica la dice lunga: in vista delle imminenti nomine, i soliti noti hanno messo in moto la scontata macchina del fango». Il più tortuoso: «Non so quanto siano i sinistri o varie convergenze" anche di presunti amici. Ora ti dico: guarda avanti, il tempo è galantuomo».

Sarebbe impietoso liquidare ora questi messaggi come casi di piaggeria: perché vi si leggono preoccupazione ed affetto sinceri. «Fratello ti voglio ancora più bene, ti abbraccio forte», scrive uno, mentre una collega porge a Palamara la sua spalla, «se hai bisogno di parlare io ci sono». C'è persino chi si preoccupa dei guai domestici, «chiarirai tutto anche in famiglia», e chi si rivolge più in Alto: «Ti sono vicina con l'affetto di sempre e prego per te». A stranire è semmai quanto accade dopo, la velocità con cui i sodali del 29 maggio svaniscono nei mesi successivi.

A dire il vero, il giorno stesso degli articoli uno dei messaggi contiene una facile profezia: «Molti ti volteranno le spalle, ma io ci sarò», scrive un giudice del nord.

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