di Aurelio PiccaLa lunga fila al bancomat degli omicidi immotivati e folli li fa sembrare tutti uguali: una specie di timbro dell'assassino «fuoriserie» che riempie da anni le cronache e la testa di chi prova ancora a darsi spiegazioni. Ma stavolta, apprendendo del massacro di via Collatina (si imbocca da via Tiburtina), mi sono svegliato nel vuoto. Mi ha azzannato. Leggendo di questo Marco o Marc Prato e del suo amico Manuel Foffo che, drogati per millecinquecento euro di cocaina e «droga carnivora», vanno a caccia di qualcuno da ammazzare e che alla fine lo trovano in Luca Varani, il quale acconsente per cento euro alla loro offerta di festino gay, ho visto appena sveglio l'immagine della ghigliottina. Ma non è la stupidità della mia fantasia il punto. Leggendo di Luca che a freddo si sente dire: «Adesso ti ammazziamo»; apprendendo che i macellai drogati dalle suole delle scarpe ai capelli, lo sfilettano come un vitello e con una lama lo sgozzano e poi gliela ficcano nel cuore, la mia mente non poteva non fare marcia indietro e tornare agli orrori del Circeo del 1975. A «Punta Rossa» in bianco e nero. Quando Guido, Izzo e Ghira (figli anche loro della «Roma Bene», anche se sarebbe ora di chiamarla «Roma Male») rimorchiano Rosaria Lopez e Donatella Colasanti. Le stuprano. Gli scaricano addosso tutta la zozzeria che hanno in corpo. Rosaria l'affogano nella vasca da bagno (anche a Luca Varani i due assassini prima di divertirsi gli fanno fare una doccia: «Per essere pulito», gli dicono) mentre Donatella Colasanti, dopo essere stata sprangata (Luca invece è colpito a martellate) è infilata nel portabagagli dell'auto che la riporterà a Roma quando ormai i tre la credono morta. Ecco, il massacro di questi giorni si è saldato a quello di oltre quarant'anni fa. Sembrano sequenze dello stesso film. Invece sono film molto diversi: il primo, per assurdo, appartiene ancora al mondo degli umani; il secondo, non so a chi appartenga. Anche nella letteratura che stamane mi ha fatto da colonna sonora ai pensieri cattivi, c'erano gli omicidi-assurdi; i desideri di uccidere o essere uccisi assurdi. Mi è tornato in mente il Malraux de La condizione umana e Lo straniero di Camus. Ma là chi uccideva o voleva essere ucciso, pur nell'«assurdo», aveva di fronte la forza morale con la quale si dovevano fare i conti. Quegli «esseri assurdi» dovevano scalare «il dovere» anche per cadere nella dannazione per i gesti compiuti. Pure i massacratori del Circeo avevano la consapevolezza di infrangere regole e morale, forti della convinzione di essere nati privilegiati per censo e stato sociale. Insomma, i pariolini del '75 hanno straziato combattendo contro i demoni, cioè il Demonio o l'Inferno. Sono stati infami sapendo di esserlo e dunque di fare precipitare per sempre, in un modo o nell'altro, le loro vite. Questi Prato e Foffo (mi ripugna chiamarli per nome), codesti esseri inclassificabili (anche i cognomi sembrano segni grafici, o intestatari di barzellette sconce), prendono un poveraccio eterosessuale, ma che fa marchette, e lo scorticano vivo e morto: per vedere che effetto fa. I due sono individui che non hanno mai saputo cosa è la dannazione.
Forse hanno creduto che fosse quella cosa là al cinema, raccontata nei film. Al contrario la dannazione esiste ed è reale. Ma pare che il mondo l'abbia dimenticato più dell'acrobata che vuole esibirsi a forza senza rete.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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