Una sorta di pacificazione prematura, una operazione revisionista in cui i torti e le ragioni sfumano e quasi si equivalgono: così è stata vista da più parti la valanga mediatica che sta accompagnando il quarantesimo anniversario del rapimento di Aldo Moro e del massacro della sua scorta. In un paese in cui le ferite e i lutti degli anni di piombo non sono ancora elaborati, il protagonismo di alcuni dei colpevoli di quella tragedia è parso fuori misura. E ieri il capo della Polizia, Franco Gabrielli, alla cerimonia commemorativa della strage di via Fani ha usato parole che insieme agli ex Br, e forse più di loro, chiamano in causa giornali e televisioni che hanno offerto loro la ribalta del quarantennale.
Gabrielli ha ricordato che i cinque poliziotti della scorta di Moro (vittime che nelle ricostruzioni di questi giorni vengono spesso liquidati come semplici comparse del dramma) «stavano dalla parte giusta, gli altri stavano dalla parte sbagliata: e oggi riproporli in asettici studi televisivi come se stessero discettando della quintessenza della verità rivelata, credo che sia un oltraggio per tutti noi ma soprattutto un oltraggio per chi ha dato la vita e il sangue per questo Paese». Siamo di fronte, ha detto, a un «perverso ribaltamento»: «nei giorni in cui si rievoca il quarantennale della strage abbiamo subito l'oltraggio di vedere dei sottopancia nei quali si riporta dirigente della colonna romana delle Brigate rosse».
La polemica sulla visibilità pubblica offerta ai protagonisti della lotta armata si trascina da tempo, fin da quando Sergio Zavoli portò senza filtro su Rai 1, con La notte della Repubblica, i volti e i pensieri dei capi brigatisti. Ma ora, con il profluvio di articoli e speciali televisivi, la discussione è ripartita. In realtà anche i brigatisti si sono divisi. Del nucleo storico delle Brigate Rosse hanno accettato le richieste di intervista Adriana Faranda, Valerio Morucci (che era nel commando di via Fani) e Anna Laura Braghetti, intestataria del covo-prigione di via Montalcini. Subissati di richieste, hanno scelto la via del silenzio gli altri big dell'epoca: Mario Moretti, Franco Bonisoli, Lauro Azzolini, Rocco Micaletto e Barbara Balzerani: quest'ultima, però, finita comunque al centro delle polemiche per un post su Facebook («che palle il quarantennale») suonato comprensibilmente di cattivo gusto alla famiglia Moro. Di Mario Moretti e di Prospero Gallinari (anche lui in via Fani, morto nel 2013) La7 ha riproposto una intervista al regista francese Mosco Levi Boucault.
Il tema della visibilità concessa ai protagonisti della stagione brigatista si trascina da tempo, alimentato dall'assenza a tutt'oggi tra i membri della direzione strategica delle Br di casi di pentimento. Ciò nonostante, due anni fa la Scuola di formazione della magistratura invitò a tenere un seminario la Faranda e Bonisoli, e dovette fare marcia indietro subissata dalle critiche. Ora si ricomincia, con lo schema consueto: i giornalisti che danno la caccia a improbabili retroscena inediti, i brigatisti che rivendicano la genuinità dell'operazione Moro.
Ma intanto, secondo Gabrielli, pontificano un po' troppo: «Questi signori erano delinquenti due volte, perché non solo uccidevano, non solo rapinavano, non solo privavano dei loro affetti figli, padri e madri, ma cercavano in una logica di morte di sovvertire le istituzioni democratiche del Paese».
vergognoso e privo di dignità, dovrei essere orgoglioso di essere italiano come vorrebbe la retorica di quelli che l'hanno ridotto ad una discarica ?