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Quegli interessi con la Cina di "D'AleMao"

Il suo ruolo di facilitatore tra Roma e Pechino. E chi guarda alla presidenza Eni.

Quegli interessi con la Cina di "D'AleMao"

Quando il momento è grave, un'intervista a Massimo D'Alema (in genere su Repubblica) è inevitabile E così è andata anche ieri.
Tra le molte e interessanti analisi fatte dall'ex premier sulla crisi e la pandemia, l'Unione europea e la Germania, Draghi e i bond, rischia di sfuggire all'attenzione la risposta finale, nella quale D'Alema smentisce di essere uno dei candidati nella prossima tornata di nomine nelle aziende pubbliche, che dovrebbero arrivare dopo Pasqua: «Guardi, io presiedo la Fondazione ItalianiEuropei, faccio il professore e collaboro con una delle più grandi aziende di consulenza del mondo: sto bene, e non c'è bisogno che qualcuno faccia il mio nome per incarichi di alcun genere».
Tutto vero: la celebre Fondazione, i corsi universitari (alla Link di Enzo Scotti), la collaborazione con la società di consulenze (per la precisione con Ernst&Young). Per non parlare di un altrettanto importante ruolo, su cui D'Alema sorvola, di facilitatore del rapporti tra Italia e Cina: «L'Europa - ha spiegato nel Iff China Report 2019, in un articolo intitolato «Sulle orme di Marco Polo» - deve vedere la partnership con la Cina, che si avvia a diventare prima potenza economica mondiale, come strategica». E, come spiegano i bene informati, l'ex premier, con altri ex uomini di governo occidentali, è molto richiesto come consulente anche da chi, in Cina, va a caccia di aziende in difficoltà, ma con buone potenzialità, da acquistare sul mercato italiano: a fine 2018 erano già più di 700.
Quanto alla smentita sulle nomine, si tratta di una normale bugia diplomatica: l'ex capo dei Ds è in corsa per la poltrona di presidente dell'Eni, ne ha parlato con il ministro dell'Economia Gualtieri (che però gli ha spiegato che quella poltrona la vogliono i Cinque Stelle per un loro caro, quindi speranze zero) e con il premier Conte, che stima molto D'Alema, gli chiede spesso consiglio e quindi gli ha aperto uno spiraglio: «Ci provo».
La speranza è che i grillini, che si stanno scannando tra loro, non riescano a mettersi d'accordo su un nome, o addirittura a trovarlo: stanno disperatamente compulsando gli elenchi di docenti universitari, per trovare un proprio simpatizzante da piazzare ed evitare la figuraccia epocale fatta su Mps, dove hanno candidato come amministratore delegato un tal ragionier Selvetti del Credito Valtellinese, per poi scoprire che non era candidabile in quanto non laureato.
La questione nomine è comunque ancora in alto mare, per ora ci sono solo due tavoli separati per selezionare le candidature: quello del Pd, presieduto da Dario Franceschini, e quello M5s, guidato da Riccardo Fraccaro. E non comunicano tra loro.
Nell'attesa, D'Alema - come spiega a Repubblica - ha di che tenersi occupato. Il suo rapporto col Dragone risale ai tempi di Mao: fu lui (un po' come Nixon per gli Usa), inviato da Berlinguer, a ricucire le relazioni con il comunismo cinese interrotte dopo la rottura con i sovietici. Più recentemente, D'Alema è stato protagonista di molte missioni a Pechino (a volte portandosi dietro alcuni illustri membri di Leu rimasti senza seggio, come Alfredo D'Attorre), instancabile tessitore delle relazioni con l'Italia e supporter delle magnifiche sorti e progressive del progetto di nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative: «Come dice il Presidente Xi, Cina e Italia, antiche civiltà che si rispettano da millenni, devono lavorare insieme.

Ora più che mai».

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