Quei bambini-soldato come nel Terzo mondo

Quei bambini-soldato come nel Terzo mondo

Nel giorno in cui il Sun fa mea culpa rimuovendo la città di Napoli dall'elenco dei dieci posti più pericolosi del pianeta come Raqqa, la cronaca ci consegna la storia di un ragazzino rom di 12 anni, fermato dai carabinieri insieme ai suoi due fratelli più grandi già pregiudicati, accusati di rapina aggravata.

Secondo gli investigatori il ragazzino non avrebbe esitato a minacciare per oltre mezz'ora un anziano disabile e per giunta ferirlo in modo grave brandendo un cacciavite. Una scena che assomiglia tanto, per crudezza, a quella del ragazzino vestito da jihadista che imbraccia un mitra, pronto a immolarsi perché così gli ha insegnato papà. Proprio come a Raqqa.

La latitudine non c'entra ma ha il suo peso. Di ragazzini italiani che delinquono sono pieni i giornali: baby gang che taglieggiano i coetani in stazione per un cellulare o un paio di scarpe, adolescenti che per scherzo giocano a palla con un gatto morto o che magari picchiano un clochard per noia. E sempre più spesso dietro c'è un papà «normale» che anziché punire il figlio minimizza la bravata. Per un ragazzino rom, cresciuto in una famiglia dove delinquere è come respirare, invece aiutare i fratelli a derubare una coppia di anziani è la normalità. È l'effetto di un cocktail micidiale: povertà, ignoranza e degrado.

Perché i ragazzini vivono per imitazione, vogliono fare i grandi, hanno fretta di crescere. E qui il contesto, o meglio la latitudine, può fare la differenza.

Nelle periferie di Napoli e in moltissime città del Sud, dove interi quartieri sono nelle mani della camorra, l'immigrazione incontrollata ha creato sacche di degrado e una competizione tra microcriminalità al rialzo per efferatezza. Dove ci sono zone in cui portare la pelle a casa ogni giorno è difficile anche per un ragazzino. Proprio come a Raqqa.

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