Quei prof di sinistra nell'orbita giallo-verde

Più volte hanno bocciato le tesi della Lega, ma sono tra i papabili ministri

Quei prof di sinistra nell'orbita giallo-verde

Roma - Il Movimento Cinque Stelle è una vettura politica che gira a destra o a sinistra a seconda della volontà del pilota, Luigi Di Maio, Beppe Grillo o Davide Casaleggio che sia. Basta mettere la freccia. Lo strumento, però, si porta dietro dei tecnici, un corpaccione di professori universitari assoldati negli scorsi anni, in gran parte entrati a far parte della «squadra dei ministri» presentata dal capo politico prima delle elezioni. Molti di loro hanno il cuore che batte a sinistra della sinistra. Nonostante il contratto di governo firmato con la Lega di Matteo Salvini. Anzi, in queste giornate di trattative, tra l'ipotetico «premier terzo» e le caselle dei ministeri da riempire, si fa un gran parlare dei «tecnici» a Cinque Stelle in lizza per occupare un posto nel futuro consiglio dei ministri.

In alternativa a Giuseppe Conte, professore di Diritto a Firenze, per Palazzo Chigi è circolato il nome di Andrea Roventini. Già ministro dell'Economia nel fantagoverno Di Maio, allievo di Giovanni Dosi, insegna alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. Roventini potrebbe rappresentare quel profilo tecnico, vicinissimo al Movimento 5 stelle, ma comunque non organico, ricercato dagli strateghi dell'accordo gialloverde. Le teorie del giovane professore sono decisamente orientate a sinistra. Lui stesso si definisce un «Keynesiano eretico», cita Marx e Schumpeter, vede come fumo negli occhi il «liberismo» e la «deregolamentazione» dei mercati. Teorizza lo «Stato innovatore» insieme ad altri docenti dello stesso istituto pisano ed è contrario alle privatizzazioni. Roventini, nei giorni caldi del «dialogo» Pd-M5s, aveva ritwittato un articolo di Jeffrey Sachs, professore alla Columbia University, in cui si auspicava un'alleanza tra dem e pentastellati «per ridare peso all'Italia». E ora potrebbe ritrovarsi ad approvare la flat tax e a sedersi allo stesso tavolo di Salvini e Giorgetti.

Lorenzo Fioramonti, altro professore in predicato per un ministero, indicato da Di Maio per lo Sviluppo Economico, ha un profilo più moderato e «liberal» rispetto al collega, ma sempre troppo distante dalle camicie verdi. Il deputato, prima delle elezioni, in un'intervista a Otto e Mezzo, aveva detto: «Io vengo da una storia di militanza a sinistra». E, di recente, parlando della flat tax ha spiegato «potrebbe non essere la strada giusta».

A un certo punto tra i rumors di palazzo, per la premiership, è spuntato fuori il profilo di Emanuela Del Re, designata da Di Maio agli Esteri. La Del Re è esperta di geopolitica, sicurezza e immigrazione. Si è occupata di un progetto per i rifugiati siriani. E sui migranti la pensa così: «Le minoranze sono la nostra vera ricchezza» diceva in un'intervista a «Vita» del giugno 2016. Nello stesso anno, in un convegno organizzato da Radio Radicale insisteva: «Non esiste nessuna emergenza immigrazione, ma è solo questione di percezione, i movimenti nazionalisti e xenofobi non fanno altro che strumentalizzare questo problema». Con buona pace del contraente di governo Salvini.

Un po' diversa è la parabola di Domenico De Masi, da mesi indicato come papabile ministro di un governo Cinque Stelle, sicuramente di sinistra.

E autore di un libro dal titolo evocativo come «Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati». Il sociologo vicino al M5s ha definito il contratto con la Lega «contro-natura» e «rischioso», stoppando il toto ministri sul suo nome. Appena in tempo.

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