Quei sessant'anni di convivenza difficile

Da Churchill alla Thatcher, il rifiuto britannico di cedere parte della sovranità

Quei sessant'anni di convivenza difficile

Nel momento in cui la Gran Bretagna lascia la UE, può sembrare un'ironia della sorte che il primo statista europeo a lanciare l'idea degli Stati Uniti d'Europa sia stato proprio un inglese, Churchill nel 1946. Ma il grande Winston non intendeva in realtà parteciparvi: pensava solo, giustamente, che servisse una nuova struttura per mettere fine ai conflitti. Allora, il Regno Unito aveva ancora il suo impero e un Commonwealth funzionante e gli inglesi, quando la nebbia calava sulla Manica, dicevano che «il continente è isolato». Infatti nel 1954 i successori di Churchill non aderirono né alla Comunità europea di Difesa (peraltro bocciata sul nascere dalla Francia), né tre anni dopo alla CECA, di cui si è appena celebrato il 60° anniversario. Come contraltare, costituirono l'EFTA, una zona di libero scambio di sette Paesi; ma, da bravi pragmatici, si accorsero presto che la cosa non funzionava e nel 1961 il premier conservatore Macmillan si rassegnò a chiedere finalmente l'adesione alla Comunità.

Fu l'inizio di un rapporto sempre travagliato, dovuto soprattutto alla diversa concezione che Londra aveva dell'Europa e, di conseguenza, alla differenza di obiettivi. Allora, i Paesi fondatori avevano ancora in mente una visione federalista, mentre la Gran Bretagna non ha mai pensato di andare oltre il mercato comune. Dopo due anni di faticosi negoziati, De Gaulle mise il veto con parole che oggi suonano profetiche: «L'ingresso della Gran Bretagna cambierebbe completamente il volto della CEE: la coesione tra gli Stati membri verrebbe meno» Il «no» francese scatenò in Gran Bretagna un furioso dibattito tra europeisti e antieuropeisti, equamente divisi tra i due maggiori partiti, ma una volta scomparso dalla scena il generale, Londra decise di riprovarci; e nel 1973 Edward Heatrh ce la fece, ma a condizioni così dure che due anni dopo il laburista Wilson ritenne di sottoporre l'accordo a un referendum consultivo: tra la sorpresa generale, i sì vinsero con il 67%.

Tra coloro che votarono a favore ci fu anche Margaret Thatcher, allora semplice deputata di opposizione. Ma quando, nel 1979, divenne premier, e si rese conto che il Paese sarebbe stato costretto a una progressiva quanto ineluttabile cessione di sovranità, cambiò atteggiamento. Con una sceneggiata che a Bruxelles ricordano ancora («I want my money back», voglio indietro i miei soldi, gridò agitando la mitica borsetta) chiese e nel 1984 finì con l'ottenere, una consistente riduzione del contributo che la Gran Bretagna era tenuta a versare alla Comunità e che andavano soprattutto a beneficio degli agricoltori francesi Due anni dopo, la Thatcher fu tra i fautori del mercato unico, che rientrava nella sua filosofia, ma nel 1989, in un altro famoso discorso a Brugge, disse un definitivo no al federalismo; e l'anno successivo respinse anche il progetto di Unione monetaria, che - forse non a torto - riteneva avesse bisogno di quella unione politica di cui l'Euro soffre oggi la mancanza, ma che lei aborriva.

Uscita di scena Maggie, i rapporti migliorarono un po': il suo successore John Major firmò il Trattato di Maastricht, ma solo dopo avere ottenuto una serie di opt-out che permisero a Londra di conservare la sterlina. Il laburista Tony Blair, durante i suoi tre mandati, fu probabilmente il premier più europeista, concludendo con gli alleati importanti accordi specie sul piano militare, ma i suoi rapporti con Francia e Germania si guastarono a causa del sostegno che diede all'America nella guerra contro l'Iraq. Nel frattempo, l'autoesclusione di Londra dall'Eurozona rendeva le relazioni con Bruxelles più difficili, soprattutto sul piano economico, e l'euroscettismo in Gran Bretagna cresceva a vista d'occhio portando prima alla nascita dell'UKIP e poi alla infausta decisione di Cameron di indire il referendum che ha portato alla Brexit.

Alla luce di questi contrasti, qualcuno ritiene che il divorzio fosse comunque scritto nelle stelle. Ma, se tanti statisti su entrambe le sponde della Manica non avessero fatto tanti errori, forse sarebbe stato possibile evitarlo.

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