Pier Francesco BorgiaRoma Basta avere un po' di pazienza, dicevano i saggi, e sedersi sul letto del fiume in attesa di veder passare il corpo del nemico. Cosa che in politica avviene con una pericolosa frequenza. Così ha fatto ad esempio Ignazio Marino. Da prepensionato della politica si è affacciato sulla sponda del Tevere in paziente attesa. E ieri ha finalmente visto passare lungo il fiume il corpo del nemico. Stiamo parlando di Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio infatti si è abbandonato a un'incauta affermazione commentando il «fattaccio» di Quarto, dove il primo cittadino è stato sfiduciato dai verti del Movimento 5 Stelle e quindi espulso per non aver accettato di dimettersi e far cadere la sua giunta.Il primo cittadino del comune campano, Rosa Capuozzo, è al centro di un'ingarbugliata questione giudiziaria. Per lei Renzi ha subito speso il suo garantismo. Cosa che non hanno fatto Casaleggio e il direttorio dei pentastellati che, visto il procedere delle cose in una direzione loro poco congeniale, ha adottato la linea severa dell'espulsione e della diffida a usare il simbolo del movimento per la gestione amministrativa di Quarto. «Noi siamo il Movimento 5 Stelle - tuona Alessandro Di Battista - mica il Pd. Non possiamo farci nemmeno sfiorare da ombre e sospetti». L'esponente dei grillini ricorda - in un video-intervento apparso ieri in rete - che la gestione della faccenda di Quarto (la Capuozzo sarebbe rea di non aver denunciato un tentativo di ricatto ai danni dell'amministrazione che dirige) non deve nemmeno lontanamente essere paragonata a come il partito di Renzi ha gestito il ciclone giudiziario di Mafia Capitale.Parole che hanno indispettito al punto giusto il premier che sventola non solo il garantismo di cui sopra ma anche un'inedita verve populista. «Sulla vicenda Quarto - spiega Renzi a Repubblica TV - bisogna evitare strumentalizzazioni: è ingiusto gettare la croce addosso al sindaco e se mi chiede se avrebbe dovuto dimettersi dico di no. Avrebbe dovuto denunciare chi la stava minacciando ma in quel posto l'hanno messa i cittadini». «L'idea che il Movimento 5 Stelle abbia avuto il monopolio della morale - conclude il premier - per noi non è mai esistita e ora è venuta meno anche per loro». Per Ignazio Marino queste parole sono musica celestiale. Gli permettono infatti di mandare a segno colpi piuttosto feroci all'indirizzo del segretario del suo partito. E usa come strumento proprio Twitter tanto caro ai renziani in stile Leopolda: «Matteo scopre il valore della democrazia e su Quarto difende i sindaci eletti dal popolo. Bene #maipiunotaio». L'hashtag lanciato dal chirurgo genovese fa riferimento alla fine della sua amministrazione nella Capitale a causa delle dimissioni dei consiglieri comunali del Pd, firmate davanti a un notaio.Insomma la luna di miele Pd/grillini (iniziata col voto congiunto per l'elezione dei membri della Consulta) sembra già conclusa. Alessandro Di Battista ha annunciato infatti (viste le polemiche scatenate sul caso Quarto) «una bella controffensiva».
«A Quarto abbiamo dato l'esempio - spiega il deputato del Movimento - Al Pd diciamo di iniziare a far dimettere tutti gli indagati. Lanceremo in tutti i comuni coinvolti un'iniziativa affinché tutti gli esponenti del Pd, coinvolti in inchieste, si dimettano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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