"Quell'accordo un errore di Conte: fu gestito in modo disastroso. Oggi visita decisiva per gli affari"

Giuliano Noci, prorettore del Polo cinese del Politecnico di Milano: "Dobbiamo esportare di più e trovare reciprocità"

"Quell'accordo un errore di Conte: fu gestito in modo disastroso. Oggi visita decisiva per gli affari"
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Una visita «positiva e importante». Fondamentale per attribuire alla Cina uno «status commerciale privilegiato». Giuliano Noci, ordinario di Strategia&Marketing al Politecnico di Milano, nonché prorettore del Polo territoriale cinese dell'ateneo, definisce così il viaggio ufficiale del premier Giorgia Meloni a Pechino.

Perché, professore?

«Per comprenderlo dobbiamo valutare tre fattori di contesto. Primo, la decisione dell'Italia di uscire opportunamente dalla Via della Seta. Secondo, il fatto che la Cina sia il Paese in cui l'export italiano è cresciuto di più. E poi ci sono le tensioni in Ucraina e nel Mar Rosso. Tutti elementi strategici che Meloni affronterà sia come coordinatore pro tempore del G7, sia come premier».

Una doppia responsabilità.

«Il nostro Paese è in una posizione strategica, al centro del Mediterraneo e prospicente all'Africa. Dobbiamo candidarci a essere uno snodo logistico primario e una porta protesa da Sud verso l'Europa, in virtù dell'imponente flusso di merci che transita dalla Cina al Vecchio Continente. Inoltre, Pechino lavora molto in Africa e noi, per vicinanza geografica, abbiamo elementi di partnership da giocare».

Le relazioni italiane con Pechino possono migliorare i rapporti internazionali?

«Come coordinatore del G7, Meloni va a perorare la causa di una Cina che si metta ai tavoli di pace per definire le regole del gioco assieme agli Usa e chiudere la guerra in Ucraina. Probabilmente chiederà anche a Xi Jinping di fare in modo che l'Iran blocchi gli Houthi, che danneggiano l'Italia sul traffico merci nel Mar Rosso».

Le elezioni Usa che peso avranno?

«Gli interessi europei non si sovrappongono in chiave geopolitica a quelli americani. L'Italia e l'Europa devono avere una postura diversa, perché siamo esportatori e senza la Cina subiremmo danni importanti. L'Ue dovrebbe puntare sul fatto di rappresentare l'area di sbocco più importante per la Cina in un momento in cui Pechino sta in piedi con l'export. Ma per farlo occorre che sia un soggetto politico unitario».

E invece?

«L'Europa sta facendo disastri con politiche frammentate che penalizzano i consumatori, senza stimolare l'industria locale e senza risolvere i problemi».

Quale strategia suggerisce all'Italia?

«Far leva sulla nostra importanza e negoziare su quello. Dobbiamo esportare di più in Cina e quindi trovare condizioni di reciprocità».

A quali insidie dobbiamo prestare attenzione?

«I cinesi sono pragmatici: non porti a casa risultati se non hai studiato bene i dossier.

Così accadde al governo Conte con la Via della Seta, operazione non sbagliata nelle premesse ma concretizzata in modo disastroso perché arrivammo impreparati alla firma. Ma sono certo che in questo caso ci sia stato invece un lavoro preparatorio importante su tutti i temi decisivi».

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