Roma - No, non è stato dopo le due «pappine» rifilate nei supplementari da Grosso e Del Piero nella semifinale di Berlino '06. Così come non lo fu dopo il gol di Rivera all'Azteca nel mitico Settanta. Non quando il premier Renzi disse di «aver sbattuto i pugni sul tavolo della Merkel» (ma per davvero? ma chi l'ha visto?); né quando Silvio Berlusconi fece attendere Frau Kanzelerin perché parlava al cellulare con Erdogan. Neppure fu a causa della famosa occasione nella quale la signora, pare raggiunta dalle maldicenze sulla propria forma fisica, se la batteva in risolini con l'infido Sarkozy sul futuro del premier italiano.
Ma allora quando, precisamente, nasce questa diffidenza, questo malanimo, questo palese fastidio fino ai limiti dell'insopportazione, tra italiani e tedeschi? Al punto di dover leggere - certo da giornalisti, gente qualunque, magari inesperta e neppure titolata - cose tipo questa grottesca richiesta al governo italiano di «chiarimenti non solo davanti all'opinione pubblica tedesca ma anche alla famiglia dell'italiana uccisa dell'attentato» berlinese? Storia paradossale, ai limiti della calunnia, anche per le imprecisate «fonti dei servizi segreti italiani» che avrebbero avvalorato ai redattori dell'edizione domenicale di Die Welt quest'idea del terrorista Amri quasi «agente infiltrato» dagli italiani negli ambienti islamisti. Come si vede, non si tratta perciò di un sentimento d'inimicizia tra i rispettivi governi, quanto piuttosto di un atteggiamento diffuso, radicato nei pregiudizi reciproci, certo anche nel vissuto presente e passato, che da decenni cova sotto cenere. A dispetto forse di quell'attrazione speculare che gli opposti esercitano tra di loro, «loro» i barbari e noi i «classici», «loro» gli affidabili precisi, noi i simpatici cazzari. «Loro» tenaci maestri della costruzione del Sé, noi fantasiosi dissipatori della nostra leggerezza. Ma qui siamo ormai alla cicala e la formica, mentre doloroso e composto di sangue è il fiume che scorre su per il Brennero e ci divide (così come ci unisce). Forse perché facce della stessa medaglia, quella dell'homo (in)sapiens, tedeschi e italiani si detestano in quanto si amano, litigano perché si mancano. Ciò nonostante i tentativi che la Storia pure ha proposto, di fusione in unum, che dall'impero carolingio alla calata del Barbarossa sono rimasti piuttosto il sogno inespresso di un Homo Novus Europaeus. Nella miseria scolpita dei secoli si scoprono così diffidenze e aggressioni, boria e tradimenti, da entrambe le parti, sia pure in modo diverso. In barba a ogni tentativo leaderistico di patto di ferro o acciaio, sempre fragile e disatteso.
Ma oggi la questione che pesa ci vede come poli contrapposti nella Ue, quasi capo-fila di scuole agli antipodi, di concezioni agli antipodi, fattore che probabilmente costituisce la più grande crepa nella muratura europea. Nella visione della Germania - di un paese che come si sa utilizza lo stesso termine, Schuld, per designare «debito» e «colpa», con ciò esprimendo echi della propria essenza profonda - la guida europea si traduce in una sorveglianza sugli altri «ospiti» della Ue, affinché non trasgrediscano le regole. Stop o quasi. Così che l'Unione assomiglia più a un lager che all'embrione di Stati Uniti. Sfuggendo per timore e pochezza a problematiche esiziali, quali politica estera e difesa, il minimalismo tedesco s'è acconciato a lasciare mano libera ai due grandi fondatori, Francia e Gran Bretagna. I quali, occupandosene, si sono sempre fatti gli affari propri (le Primavere arabe, con le ferite di Libia e Siria, lo testimoniano). Essendo, all'Italia terzo grande fondatore, sempre concesso invece una specie di beneficio d'inventario sulla (in)capacità di gestire e rispettare conti e regole.
Se solo il Belpaese avesse un pizzico d'amor proprio, più che patrio, sarebbe già leader di chi si oppone a tale progetto insulso e austero al tempo stesso, deprimente e fallimentare. Gli antichi fratelli greci ne sanno qualcosa, sarebbe ora di tirarne le somme. Prima che i Kapò controllino pure quelle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.