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Perché la mente degli islamici è diversa

Non siamo tutti uguali, non è uno scandalo. Ogni cultura per sua natura genera una nevrosi con meccanismi peculiari

Perché la mente degli islamici è diversa

Marwan Dwairy è uno psicologo palestinese. Ha scritto un manuale per terapeuti dal titolo Counseling e psicoterapia con arabi e musulmani. Il libro trasmette un concetto di base dell'etnopsichiatria: i disturbi psicologici sono influenzati dalla cultura di appartenenza che produce nei gruppi etnici differenze psichiche profonde. La mente degli islamici è diversa da quella degli occidentali e per curarle servono terapie specifiche che ne tengano conto. Lo studioso pone l'accento sulla diversità tra i popoli, mentre noi, ipocritamente, l'abbiamo bandita dalle nostre riflessioni come se fosse in automatico discriminazione e mancanza di tolleranza per il diverso da sé. Non siamo tutti uguali, non è uno scandalo. Se parlare di scontro di civiltà incita il razzismo, non conoscere le differenze impedisce la mediazione e il rispetto reciproco, le uniche armi a disposizione contro l'ostilità. Ogni cultura per sua natura genera una nevrosi con meccanismi peculiari. In Occidente la cultura giudaico-cristiana e la secolarizzazione hanno favorito un processo d'individuazione per cui l'uomo, dotato di libero arbitrio, è padrone e unico responsabile della sua vita e delle sue azioni. Ogni persona ha una percezione di sé come diversa dall'altra, dall'ambiente e dalla collettività in cui è immersa. La cultura è interpretata e adattata in base ai bisogni e le aspettative personali. Un individualismo che pone l'accento sul valore morale dell'uomo e dei suoi obiettivi d'indipendenza e di autonomia. L'esatto contrario di quanto avviene nei paesi islamici in cui la cultura coincide con una religione pervasiva in cui gli individui non hanno valore in sé ma perché appartenenti a un corpo unico di fedeli che ha rinunciato alla libertà in cambio della tutela divina, che detta le regola per ogni comportamento. Il singolo s'identifica con la collettività che è sottomessa agli ordini degli imam, indiscutibili e immutabili perché discendono direttamente dalle parole del profeta. Entrambe le posizioni generano mali psicologici e sociali che sono sotto gli occhi di tutti. L'individualismo occidentale che doveva garantire uguale libertà e diritti civili per tutti gli uomini sembra aver perso il suo fascino. L'uomo è in balia di un narcisismo sfrenato che nega l'altro e impedisce relazioni solidaristiche tra gli individui. La corsa alla realizzazione personale lo fa sentire sempre più isolato e più solo, incapace di dare significato all'esistenza e alla morte. Vivere e combattere per un'ideologia religiosa, come avviene nell'islam radicale, fornisce una certezza granitica e una promessa di eterna felicità che per i fedeli vale la rinuncia della libertà. Nei paesi islamici la massa sposa un'ideologia in modo acritico smarrendo quel senso della realtà che può trasformare la religione in un delirio collettivo per cui diventa legittimo lapidare una donna accusata di adulterio o di apostasia. Al singolo, privato del suo sé e quindi di pensiero autonomo, è vietato contrapporsi a qualsiasi forma di barbarie che colpisca la sua persona o la sua famiglia. Prescindere dal pensiero individuale favorisce i fanatismi di massa che hanno generato in occidente il nazismo e lo stalinismo e che nell'islam sono il terreno di coltura per Hamas, Isis e Boko Haram. Dobbiamo ricordare che se è possibile e legittimo realizzare i nostri desideri di crescita personale è perché abbiamo combattuto per fondare la nostra struttura sociale su ideali di libertà e uguaglianza basati sulla ferma convinzione del valore morale che ogni uomo come essere unico e originale possiede.

Recuperare questa ideologia, perseguire la via della civilizzazione, pretendere e garantire comprensione e rispetto difendendo il valore oggettivo che attribuiamo alla libertà è l'unico modo possibile per convivere pacificamente con chi, anche se diverso da noi, scelga di vivere nel nostro paese.

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