Il Quirinale non ha fretta Prima il Def e poi l'incarico

Mattarella aspetta i presidenti di Camera e Senato La speranza che alla fine il Pd rinunci all'Aventino

Il Quirinale non ha fretta Prima il Def e poi l'incarico

Ancora un po' di tempo per fare sbollire gli umori post elettorali. Un periodo di convalescenza prima che le forze politiche si parlino e decidano di sbrigare i compiti istituzionali di inizio legislatura, in particolare l'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Poi l'approvazione del Def, il documento di economia e finanza, che è la base di partenza di tutte le decisioni più importanti dei governi. Solo dopo l'incarico.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha mandato più segnali all'esterno dopo l'appello alla responsabilità e l'invito a mettere al centro gli interessi del Paese. Sono passati tre giorni e il suo messaggio sembra avere fatto breccia su tutti, tranne che sul Pd di Matteo Renzi, che era il principale destinatario.

Ettore Rosato, capogruppo uscente del Pd, ad Affaritaliani.it ha detto che «la responsabilità di guidare il Paese spetta ai 5 Stelle e alla Lega che hanno vinto le elezioni» e hanno «programmi e toni simili». Una chiusura netta alle aperture del centrodestra, oltre a quelle di Luigi Di Maio. Quindi un altro no, indiretto, all'invito di Mattarella. Il Pd è invece disponibile a parlare della presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama. «Quella non è materia di governo, ma è materia istituzionale», ha spiegato l'esponente renziano.

Uno spiraglio c'è e il Quirinale lo sa. Da qui al 23 marzo, quando inizieranno le votazioni per i presidenti dei due rami del Parlamento, le principali forze politiche si saranno parlate. Anche il Pd dovrà farlo. Poi sarà difficile giustificare, anche agli occhi del suo elettorato, l'Aventino di Renzi.

L'altra data fondamentale è il 10 aprile, cioè il termine ultimo per presentare il Documento di economia e finanza. Ma su questo fronte nessuno ha fretta. Anzi, spiegava ieri un esponente del centrodestra, è più probabile che il Quirinale voglia mantenere il governo Gentiloni in carica fino a quella data.

La ragione è tecnica e politica. La Commissione europea ha concesso all'Italia di approvare solo la parte del documento nella quale si ufficializzano le previsioni sul Pil e quindi sui conti pubblici. La parte più politica, quella dove si stimano gli effetti sui conti pubblici delle decisioni del governo, arriverà quando si sarà insediato un esecutivo e avrà ottenuto la fiducia.

Forza Italia e Movimento 5 stelle hanno già detto che presenteranno delle mozioni, che conteranno degli impegni per il governo. Difficile che un esecutivo appena insediato, appoggiato da una maggioranza necessariamente anomala, possa mettere nero su bianco scelte di politica economica. Meglio, quindi, rinviare.

Per il dopo la prospettiva resta quella di un incarico a un personaggio che non sia stato in prima linea in campagna elettorale. Non Matteo Salvini, né Di Maio. Il centrodestra lascia la scelta del nome al leader della Lega e anche ieri circolava il nome di Luca Zaia. Poi Carlo Cottarelli, che ieri si è scagliato contro la Flat tax.

Una uscita che, se valutata politicamente (cosa non scontata visto che l'ex commissario alla spending review è un tecnico) suonerebbe come una chiusura al centrodestra e una candidatura per la maggiorana M5S/Pd. Due partiti non portati a tagliare la spesa.

Il grosso del lavoro per il Quirinale inizierà tra un mese. Perché anche con un candidato non divisivo, mettere insieme una maggioranza resterà una sfida difficile.

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