La notizia è che, per una volta, il Pd arriva unito e compatto al primo giro di consultazioni. È una compattezza momentanea, certo, e dietro la quale si agitano linee diverse e confliggenti. Ma sta di fatto che, quando stamattina salirà al Colle, la delegazione Dem formata dai capigruppo Delrio e Marcucci, dal reggente Martina e dal presidente Orfini dirà la stessa cosa che Matteo Renzi disse all'indomani del voto: tocca ai vincitori, noi stiamo all'opposizione.
Al presidente Mattarella, spiega Lorenzo Guerini, «rappresenteremo qualcosa che è nei fatti: la nostra distanza politica, culturale e programmatica da Lega e Cinque Stelle è abissale». E il Pd è unito anche nel respingere con durezza i tentativi del grillino Di Maio di «usarci come secondo forno per alzare il prezzo nelle trattative con la Lega», dice Guerini. Del resto, il giochino di Di Maio, che tenta di incunearsi nelle divisioni interne dei Dem, è stato condotto in modo troppo rozzo per funzionare, ed era inevitabile che si infrangesse contro un muro: «Ho visto che c'è un'ossessione strabiliante di Di Maio per Renzi: non smette mai di fare campagna elettorale, eppure dovrebbe assumersi meglio le sue responsabilità», attacca Ettore Rosato. Che ribadisce: «Noi incontriamo tutti, ma mi sembra che le premesse per un incontro lui non le voglia costruire, se pensa di poter scegliere nel Pd chi incontrare sbaglia di grosso». I numeri, ricordano nel Pd, parlano chiaro: con l'intero gruppo Dem, al Senato un governo con i Cinque Stelle avrebbe 164 voti, appena tre sopra il margine. E la pattuglia renziana conta su ben più di tre senatori: «un'ipotesi matematicamente impossibile», la liquidano. La linea «opposizione e basta», insomma, cambierà solo se e quando dovesse fallire ogni intesa tra grillini e centrodestra, e si riaprissero i giochi.
Intanto il Pd accelera la corsa verso l'assemblea nazionale che, preso atto delle dimissioni di Renzi, dovrà nominare un nuovo segretario: si terrà il 21 aprile. Un'accelerazione che rafforza la candidatura di Martina, ufficializzata ieri. I renziani avevano accarezzato l'idea di rinviarla a fine consultazioni, anche per avere il tempo di ragionare su candidature alternative, da Guerini a Matteo Richetti, ma l'ex segretario si sarebbe convinto che, in questa fase, è meglio evitare spaccature e cercare un accordo di transizione. Si tratterà quindi, di qui al 21, su punti programmatici (a cominciare dalla linea dell'opposizione), posti e tempi: «Martina non diventerebbe mai segretario con le primarie, ma in assemblea ci può stare. Con un mandato limitato e a termine, e poi nuove primarie», dice un dirigente vicino a Renzi. Il fronte vero è un altro, ed è il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi ad aprirlo ufficialmente: «Bisogna andare oltre il Pd e costruire da subito un'alleanza progressista ed europeista con En Marche, portandosi anche gran parte del Pse - dice ad Huffington Post - e il Pd ne deve parlare già ora, all'assemblea nazionale di aprile». È un annuncio che riecheggia ragionamenti fatti anche da Renzi, in queste settimane, e che potrebbe preludere ad un colpo di scena renziano in assemblea. «Il Pse da solo non basta più - avverte Gozi - serve una nuova alleanza europeista. Macron ora guarda soprattutto al dialogo con noi, ma se il Pd sta fermo guarderà altrove», grillini inclusi.
I tempi sono stretti, e il 21 aprile potrebbe arrivare uno scrollone per spingere il Pd «oltre il Pd». Con contraccolpi pesanti: «Il Pd è un punto di approdo decisivo, proporre di andare oltre' sarebbe grave», avverte Walter Veltroni.
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