Rai, Dall'Orto si dimette Una disfatta targata Renzi

Isolato e inviso a tutti, il dg imposto dall'ex premier si è arreso. Via al totonomi, in pole Del Brocco

Rai, Dall'Orto si dimette Una disfatta targata Renzi

Come Renzi voleva ribaltare l'Italia in pochi mesi, lui voleva ribaltare la Rai in altrettanto poco tempo. Ma, si sa, né l'Italia né la Rai sono disponibili al cambiamento. Dunque Antonio Campo Dall'Orto è caduto come è caduto il suo mentore politico: armato dell'illusione, o della supponenza, di essere più bravo degli altri, è andato a sbattere come un ariete contro un muro di cemento. Tradito, alla fine, anche dal suo padrino, che non lo ha difeso, ma l'ha lasciato cadere.

Ieri il direttore generale, l'uomo che per la prima volta nella storia della tv italiana ha avuto pieni poteri, ha presentato le sue dimissioni al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ne ha preso atto. Rimarrà in carica due settimane in attesa del nuovo dg, la cui scelta, si sa, è solitamente la sintesi di un rebus politico.

Si chiude così, dopo soli 21 mesi, quella rivoluzione della Tv di Stato tante volte scritta, immaginata, raccontata da Campo Dall'Orto, ma che, per molti aspetti, è rimasta sulla carta. Un fallimento del dirigente che ha legato le sue sorti al renzismo, a partire dalla prima convention della Leopolda, ma soprattutto dell'ex premier che aveva promesso di non mettere le mani sulla Rai, salvo poi farlo fare ai suoi uomini più fidati. Rimarranno del dg alcuni successi tra cui vanno annoverati gli ascolti mantenuti, gli incassi pubblicitari aumentati, le fiction civili e la trasformazione di Raiplay.

Le dimissioni sono arrivate dopo mesi di battaglie combattute su tutti i fronti e dopo la rottura definitiva avvenuta qualche giorno fa con il Cda che ha bocciato il piano sull'informazione. Piano che prevedeva tra le altre cose la creazione di un nuovo sito web sotto la responsabilità di Milena Gabanelli. Ora è tutto fermo.

Ma chi voleva la defenestrazione di Campo dall'Orto? Praticamente tutti. Il dg si era chiuso in difesa come in un fortino con i suoi collaboratori stretti ed era vissuto dal ventre molle dell'azienda di Stato come un estraneo. Lo hanno osteggiato quasi tutti i consiglieri Rai, sia di destra sia di sinistra, compresa la presidente Monica Maggioni. E anche gli esponenti del governo vicini a Renzi, dal sottosegretario Giacomelli al portavoce di Renzi (e fustigatore dalla prima ora) Michele Anzaldi. Il dg nei giorni scorsi ha sostenuto di essere una vittima politica: «Si avvicinano le elezioni e serve una Rai che non crei problemi. Io ho tenuto la schiena dritta, ho garantito alla Rai autonomia». Insomma, la sua «colpa» sarebbe stata quella di non obbedire abbastanza alle direttive e lasciare «in vita» i vari Gabanelli, Berlinguer, Annunziata, Giletti. Forse è così. Però per essere liberi, bisogna essere inattaccabili. E il dg, non sempre per sua responsabilità, ha accumulato vari pasticci: le numerose assunzioni esterne contestate dall'Anticorruzione, la questione del tetto agli stipendi per gli artisti, la chiusura degli spazi di approfondimento senza sostituirli con programmi adeguati.

Ora si apre il toto nomine per il prossimo direttore.

Che dovrà riannodare tutti questi fili strappati e affrontare le elezioni politiche. Su tutti circola il nome di Paolo Del Brocco, amministratore di Rai Cinema, ma anche Giovanni Minoli e Claudio Cappon. E Fico, del M5s, chiede le dimissioni dell'intero Cda.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica