Rai inchiodata su Dall'Orto. Vespa e Fazio big in fuga

Nessuna risposta da Padoan alla richiesta di incontro del direttore Rai: "Sono pronto a rimettere il mandato"

Rai inchiodata su Dall'Orto. Vespa e Fazio big in fuga

«Spero che il piano sull'informazione Rai possa essere portato avanti, per il bene dell'azienda, al di là di qualunque cosa accadrà». Campo Dall'Orto, dg Rai in bilico, aspetta di sapere cosa accadrà, per lui, dal ministro del Tesoro, azionista della tv di Stato. La richiesta di un incontro sollecitata di nuovo ieri da Viale Mazzini, non ha però ricevuto ancora risposta da Padoan, silenzio che dimostra quanto la mossa di Campo Dall'Orto abbia innervosito il governo su cui il dg vuole scaricare l'onere della decisione (prassi anomala: il Mef è azionista ma non interferisce sulle attività gestionali della Rai, è il cda che può rimuovere il dg). Padoan, e dietro Palazzo Chighi, prendono tempo per schivare la grana Rai, sperando si risolva senza che il governo debba metterci la faccia con un intervento diretto. Ma chi lo conosce bene racconta che il dg, quando e se verrà ricevuto dal ministro (domani inizia il G7 a Taormina), andrà per rimettere il suo mandato. A quel punto la palla passerà all'esecutivo. In una situazione però tutt'altro che semplice. Il Pd renziano punta ad azzerare tutto, dg e cda, il centrodestra vuole mandare a casa Dall'Orto ma non il cda, mentre i grillini stanno con il dg e contro il cda. Una impasse politica che, paradossalmente, potrebbe finire col mantenere il dg al suo posto.

Dall'Orto deve chiedere lumi al Tesoro anche su un altro dossier bollente, quella dei compensi Rai. Si possono pagare più di 240mila euro gli artisti? E quali conduttori vanno considerati artisti e quali no? Le precedenti richieste di indicazioni dalla Rai non hanno ricevuto risposte dal ministero dell'Economia, e il cda ha deliberato che sia Dall'Orto a definire un piano dettagliato sulla materia, entro il 2 giugno. Mentre da mesi la vicenda si trascina senza una soluzione. Uno stallo che ha già convinto alcune star del servizio pubblico a muoversi autonomamente. Fabio Fazio (1,8 milioni di compenso annuo), appena lodato dal dg per la serata commemorativa sulla strage di Capaci, è già dato in uscita dalla Rai. I rumors riportati da Chi danno per fatto il suo passaggio a La7 di Urbano Cairo: «Agli amici ha confidato di aver strappato lo stesso contratto che aveva in Rai, ma in pochi gli credono» scrive il settimanale di gossip. Anche Bruno Vespa è in fibrillazione per la norma sugli stipendi, già applicata per i giornalisti Rai, a differenza degli «artisti», come suggerito da una nota dello Sviluppo Economico. In una lettera al Cda Rai il conduttore di Porta a Porta paventa una «norma contra personam, inaccettabile sotto ogni profilo», ricordando la legge del 2007 che esonera dai tetti le prestazioni che si svolgono nelle società a partecipazione pubblica operanti in regime di concorrenza (come la Rai), e che «chiarisce ogni equivoco sulla differenza di impiego». Altrimenti, continua Vespa, la differenza di trattamento sarebbe difficile da giustificare: «Tra un Fabio Fazio che si occupa di Falcone e un Bruno Vespa che fa un programma su Ballando con le stelle chi è l'artista e chi il giornalista?». Vespa ne ha fatta una battaglia pubblica, ma è probabile che altri volti noti della Rai ragionino allo stesso modo, e valutino un'uscita in caso avverso.

A complicare la situazione del dg c'è anche la durissima relazione del collegio dei revisori Rai, organo presieduto da Biagio Mazzotta, direttore generale della Ragioneria Generale dello Stato (Mef). I revisori mettono scrivono di una «reiterata violazione della regolamentazione anticorruzione», una situazione di irregolarità davanti alla quale però «l'azienda nulla ha fatto», configurando con ciò un «inquantificabile danno reputazionale».

Nell'audizione in Vigilanza, poi, l'opposizione ha contestato il troppo spazio assegnato a Pd e governo nei programmi Rai, riportando i numeri dell'Osservatorio di Pavia: «Sono dati clamorosi - attacca l'azzurro Maurizio Gasparri -, a febbraio il Pd ha avuto il 44% di presenze contro l'8% di Forza Italia, ad aprile addirittura il 60%, è uno sbilanciamento oltre ogni ragionevolezza». Accuse respinte da Dall'Orto. Ne ha di più pesanti a cui pensare.

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