Cronache

Il rapitore "protetto" nel Cie. Presto potrà lasciare l'Italia

L'uomo che ha rapito una bimba è stato minacciato. La pm che lo ha liberato nella bufera, l'Anm la difende

Il rapitore "protetto" nel Cie. Presto potrà lasciare l'Italia

Ragusa - La notte tra lunedì e martedì l'ha trascorsa in questura, poi è stato portato in una struttura di accoglienza. Lì Ram Lubhaya, 43 anni, il cittadino indiano indagato per il tentato sequestro di una bambina di 5 anni lo scorso 16 agosto nella frazione balneare di Scoglitti nel Ragusano, in questo modo si è sentito protetto dopo avere denunciato alla polizia di Vittoria lunedì pomeriggio che un passante lo aveva minacciato di morte facendogli cenno con la mano di staccargli la testa.

L'uomo è stato trasferito nel Cie, centro di identificazione ed espulsione, di Caltanissetta, dove entro 90 giorni sarà espulso coattivamente. In pratica le forze dell'ordine avranno il compito di accompagnarlo fuori dal nostro Paese. Il tutto a carico del contribuente italiano. Se nel tempo di permanenza dell'indiano al Cie non sarà conclusa la sua vicenda giudiziaria, magari velocizzandola con la richiesta di giudizio immediato, potrebbe conseguirne la sospensione della causa e il procedimento andrebbe a estinguersi.

La vicenda che lo vede indagato per tentato sequestro di persona e sottrazione di minore ha suscitato un vespaio di polemiche. I genitori della bambina, infatti, rivivono ancora con ansia il momento in cui si sono accorti che la loro figlia era in braccio al cittadino straniero e sottolineano che lo hanno fermato loro riprendendosi la piccola. L'indiano, invece, parla di fraintendimento. «Non avevo intenzione di rapirla», ha detto. A fare discutere è stata la re immissione in libertà dell'indagato disposta dal pubblico ministero di Ragusa la prima volta dopo sole 24 ore di carcere a seguito dell'arresto da parte dei carabinieri, la seconda volta dopo l'interrogatorio da parte dello stesso sostituto procuratore avvenuto in caserma a Vittoria (Ragusa) alla presenza dell'avvocato d'ufficio dell'indagato, Biagio Giudice.

La procura ha sottolineato come la legge non consenta un decreto di fermo per un reato che resta allo stato di tentativo. Tutt'al più la pm avrebbe potuto decidere per qualche altra forma di misura cautelare, ma evidentemente non lo ha ritenuto necessario in questo caso. E via con una serie di interrogazioni e commenti da parte del popolo del web, della gente e del mondo politico.

A far luce su quanto accaduto saranno gli ispettori inviati dal ministero della Giustizia, come ha assicurato il ministro Andrea Orlando. Sul caso interviene anche l'Anm, Associazione nazionale magistrati che definisce «inaccettabili» gli attacchi sferrati all'indirizzo della pm e li stigmatizza. Per il sindacato delle toghe questi attacchi «sono frutto di un approccio superficiale agli accadimenti, determinato dalla non conoscenza degli atti e dei presupposti di legge che hanno portato alle scelte della collega, e che hanno come unica conseguenza quella di non consentire ai magistrati della procura di Ragusa di svolgere il proprio compito nel giusto clima di serenità». E aggiunge: «Comprendiamo le preoccupazioni e l'allarme che la vicenda ha suscitato nell'opinione pubblica, ma evidenziamo che il lavoro dei magistrati consiste nel fronteggiare queste preoccupazioni attraverso la compiuta valutazione dell'entità criminosa del fatto e la rigorosa applicazione delle norme giuridiche».

Anche Magistratura indipendente si dice fiduciosa nell'operato degli ispettori e sottolinea da parte del ministero «la mancanza di un intervento diretto a condannare il discredito e la delegittimazione derivanti da espressioni anche di soggetti che ricoprono ruoli di responsabilità».

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