Acque agitate a Washington dopo che il Pentagono ha aperto un'indagine interna sui rapporti dell'intelligence nella campagna contro l'Isis. Secondo il New York Times , il sospetto è che i resoconti sulle operazioni dell'US Central Command, che coordina la lotta contro il Califfato, siano stati «aggiustati» allo scopo di dare ai vertici dell'Amministrazione, compreso il presidente Barack Obama, una visione più ottimistica della situazione sul campo.
Le indagini sono partite dopo che un funzionario della Dia (l'agenzia d'intelligence della Difesa) ha assicurato di avere le prove che alcuni alti ufficiali del Central Command hanno ritoccato i rapporti elaborati dagli 007 americani che monitorano la situazione in Iraq. Non sarà semplice per l'ispettore generale della Difesa arrivare a una conclusione, visto che le valutazioni e le differenze di opinione tra gli ufficiali sono legittime, oltre che incoraggiate. Esiste però una direttiva della Nsa, che supervisiona il lavoro delle 17 agenzie di intelligence americane, secondo la quale le valutazione analitiche «non devono essere stravolte», com'è accaduto in questo caso.
Ma che cosa ha spinto i responsabili del Comando centrale a distorcere i rapporti? Eccesso di zelo o timore delle conseguenze politiche per gli insuccessi nella guerra all'Isis? L'indagine dovrà fare luce anche su questo. In ogni caso, come rileva il New York Times , tutto ciò spiegherebbe le discrepanze tra la descrizione sull'andamento delle operazioni fatta dalla Casa Bianca e dal Pentagono e la reale situazione sul campo, dove le truppe del Califfato non solo arretrano, ma addirittura estendono la loro influenza dal Medio Oriente al Nord Africa.
La scorsa estate, il presidente Obama aveva dato il via ai raid aerei contro l'Isis e oltre tremila soldati americani sono oggi in Iraq per addestrare le forze locali. I bombardamenti delle roccheforti jihadiste hanno permesso all'esercito iracheno di riconquistare parte del territorio nazionale, anche se importanti città come Mosul e Ramadi sono ancora in mano agli integralisti.
Il generale dei Marines John Allen, inviato speciale del presidente per la coalizione contro il Califfato, poche settimane fa sosteneva che «l'Isis sta perdendo», ma è stato corretto pochi giorni dopo dal segretario alla Difesa, Ashton Carter, il quale ha affermato che la «guerra è dura» e che «ci vorrà del tempo». Insomma, le comunicazioni sono contraddittorie mentre gli jihadisti non sembrano indeboliti e continuano a demolire il patrimonio archeologico e a giustiziare gli «infedeli».
Ma questa non è l'unica tegola caduta sul Pentagono. Continua infatti a essere alto l'allarme per le incursioni degli hacker del Califfato, che avrebbero rubato informazioni sui soldati americani.
L'ultimo caso riguarderebbe 156 militari dell'US Air Force, ma i ladri informatici dell'Isis si sarebbero già impossessati dei dati sensibili, come email, password, numeri di telefono di centinaia di persone, dall'Aeronautica militare al corpo del Marines fino alla Nasa. Il «colpo», annunciato via Twitter, è stato rivendicato dall'Islamic State Hacking Division, un vero e proprio reparto dello Stato islamico votato alla pirateria informatica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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