Il razzismo di Biennale e Alfano "Salvini è becero e ignorante"

Eco, nel catalogo del Padiglione Italia della kermesse veneziana, attacca l'europarlamentare: "Non sa cos'era l'Europa". Anche il leader Ncd lo accusa: "Non legge libri, non guarda film"

Il razzismo di Biennale e Alfano "Salvini è becero e ignorante"

Delle manifestazioni culturali italiane qual è che conta davvero, che ha una visibilità all'estero? La Biennale. E qual è la vetrina del Paese? Ovviamente il Padiglione Italia. E cosa resta nel tempo delle Biennali? I cataloghi. Come quello di quest'anno sul nostro Padiglione, intitolato Codice Italia e pubblicato da Bompiani.

Il tema del Padiglione, scelto dal curatore Vincenzo Trione (il suo ultimo libro per Bompiani è Effetto Città ), è molto alto: la memoria. E così sono di spessore anche gli autori chiamati a dare un contributo sul tema: Joseph Rykwert, Horst Bredekamp, Francesco Casetti, John Berger. E Umberto Eco (il suo ultimo libro per Bompiani è Numero Zero ) che, intervistato da Hans Ulrich Obrist, disquisisce proprio sul tema «Memoria».

L'idea, non nuovissima, che fa da filo conduttore all'intervento dello scrittore è che nella contemporaneità liquida la percezione di cosa sia il passato si perde. Solo che, quando si tratta di fare un discorso chiarificatore della memoria perduta dell'Europa, quale dotto esempio escogita? Cita Proust? No si limita a questo: «La memoria quindi è l'identità, ma allo stesso titolo la memoria collettiva è l'identità collettiva. Non possiamo parlare di Europa e sentirci europei se non siamo capaci di ricostituire continuamente quella che è stata l'identità europea. Quando vediamo i negatori beceri dell'Europa come l'onorevole Salvini, si tratta semplicemente di una carenza culturale: lui non sa cos'era l'Europa e quindi non può neanche parlarne, poverino».

Un esempio un po' strano da fare in un catalogo con sopra anche il logo del Mibac, un catalogo che dovrebbe rappresentare una summa culturale del Paese. Per carità, va detto che nessuno si aspetta che il ministero diretto da Dario Franceschini (il cui ultimo libro per i tipi di Bompiani è Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado ) operi come la censura. E, infatti, il Ministero non sindaca le opinioni degli autori dei contributi. Ma fa specie che tra i testi ci scivoli dentro quella che, a stento, si può considerare polemica da talk show (dove almeno la controparte può risponderti). E per giunta non argomentata, buttata lì come fosse un assioma. E poi via, si può ricominciare, dopo aver fatto il tiro al bersaglio sul «cattivo», con una bella teoria di ragionamenti che spaziano dal futurismo a Omero.

Quella di avere idee precisissime su cosa conosca o non conosca Matteo Salvini è una moda diffusa, devono essere andati tutti a sbirciare nella sua libreria, aver perquisito persino il suo lettore di mp3. È di ieri un tweet del ministro dell'Interno Angelino Alfano, assolutamente in linea con Eco: «Ogni volta che sento parlare Salvini mi accorgo di tutti i libri che non ha letto, i film che non ha visto e le canzoni che non ha ascoltato».

Solo che un conto è la bagarre politica che è quel che è - magari Alfano potrebbe fare omaggio a tutti della sua imperdibile playlist di canzoni - un altro un testo pensato per raccontare un momento dell'arte italiana e che dovrebbe essere consultabile anche tra cinquant'anni. Ma tant'è. Allora, visto che comunque è un argomento da tramandare ai posteri - non ce ne voglia il Segretario della Lega, non ci siamo rivolti alla Stasi, ma abbiamo sbirciato su Facebook - rendiamo edotti sia Eco sia Alfano almeno di alcuni dei libri che notoriamente piacciono a Salvini: Un uomo di Oriana Fallaci, L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón, Storia di Neve di Mauro Corona, Giro di vento di Andrea De Carlo.

Un libro su un rivoluzionario greco che lottava contro la dittatura dei Colonnelli, uno sulla Barcellona ferita dal franchismo, un romanzo di montagna, e un libro su una comunità autosufficiente

che occupa case di campagna abbandonate. Risulta agli atti pure una passione musicale per Fabrizio De André. Evidentemente non sono né i titoli giusti né le note giuste... Alla prossima Biennale ci spiegheranno il perché.

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