Come in un gioco dell'oca, la Spagna torna al punto di partenza. Politico. La Spagna tornerà al voto il prossimo 10 novembre. «Siamo obbligati a farlo», ha riconosciuto il premier, Pedro Sanchez, dopo aver rilevato il fallimento del tentativo di dare una maggioranza parlamentare al proprio governo. Al termine delle consultazioni, era stato il re Felipe VI a sancire che «nessun candidato ha il sostegno necessario affinchè la Camera dei deputati gli dia fiducia». Il re non ha individuato nessuno che abbia sufficiente sostegno in Parlamento per tentare di formare un governo. La decisione, presa dopo un nuovo giro di consultazioni con i leader dei partiti politici, apre la strada al ritorno alle urne il prossimo 10 novembre, quarto appuntamento elettorale in quattro anni. «Nessun candidato ha il sostegno necessario affinchè la Camera dei deputati gli dia fiducia», si legge in una dichiarazione del palazzo reale, dopo che il socialista Pedro Sanchez, vincitore delle elezioni dello scorso aprile, non è riuscito a ottenere l'appoggio necessario per la sua riconferma al potere.
In base all'articolo 99 della Costituzione c'erano due mesi di tempo per formare un nuovo governo dopo il fallimento del primo voto d'investitura, avvenuto il 23 luglio. Ormai rimane tempo solo fino alla mezzanotte del 23 settembre per dare fiducia ad un nuovo governo. Passata questa scadenza, le camere verranno sciolte e saranno convocate nuove elezioni.
Erano stati giorni frenetici, giri di consultazioni tra i partiti e il re Felipe VI per cercare di formare un governo ed evitare, così, un ritorno alle urne. Troppo presto e troppo confusa ancora la situazione all'orizzonte. Quasi 5 mesi dopo le elezioni del 28 aprile, vinte - senza ottenere la maggioranza assoluta - dal capo del governo uscente, Pedro Sanchez, il Paese scivola verso nuove elezioni. La Spagna soffre di instabilità politica da quando il bipartitismo si è frantumato nel 2015, con l'entrata in scena della sinistra radicale di Podemos e dei liberali di Ciudadanos in Parlamento. Il quadro è ancora più frammentato dall'emergere dell'estrema destra di Vox. Felipe VI aveva dunque avviato un round di consultazioni in extremis che però non ha dato il risultato che molti speravano. Ha incontrato i leader dei quattro principali partiti: Pablo Iglesias, della sinistra radicale di Unidas Podemos; Albert Rivera, del partito liberale Ciudadanos; Pablo Casado, del Partito Popolare (Pp) e Pedro Sanchez dei socialisti (Psoe). Sanchez, da parte sua, aveva aperto colloqui a sorpresa, con i vertici di Podemos, Ciudadanos e Pp senza però trovare il necessario appoggio.
Nel secondo turno del voto per l'investitura, sarebbe stato sufficiente una maggioranza semplice, per questo l'astensione di Ciudadanos e del Pp sarebbero stati sufficienti a riportare al potere il leader socialista, che non avrebbe avuto così più bisogno dei voti di un alleato scomodo come Podemos. E invece niente da fare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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