Cronache

Recuperati i cimeli fascisti rubati: un pezzo di storia

Gagliardetti, labari e bandiere della Marcia su Roma finiti nelle mani di un collezionista

Recuperati i cimeli fascisti rubati: un pezzo di storia

Un ritrovamento che vale un tesoro. Un tesoro per i collezionisti, oltre che un oggetto di culto per i nostalgici. Ma prezioso anche per gli storici. Parliamo dell'ingente patrimonio del Fondo archivistico «Mostra della Rivoluzione Fascista» derubato a giugno in circostanze non ancora del tutto chiarite all'Archivio Centrale dello Stato a Roma e recuperato ieri dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Si tratta della collezione di gagliardetti militari, labari e bandiere delle Squadre d'azione fasciste e dei Fasci di combattimento che parteciparono alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922) e che vennero esposti e celebrati - la prima volta nel 1932, in occasione del decennale della Marcia, alla «Mostra della Rivoluzione Fascista».

Il fondo (completo di ben 1065 esemplari) costituisce un patrimonio di cimeli fascisti molto ambiti dai collezionisti del Ventennio, disposti a pagare migliaia di euro anche per un esemplare. Il loro recupero non ha sventato solo un grave furto. Permette anche, o meglio soprattutto, di reintegrare un fondo archivistico di primaria importanza per gli studiosi del fascismo. I labari rappresentano infatti una fonte materiale determinante per ricostruire l'universo simbolico del fascismo, che con riti, miti e monumenti costruì «il culto del littorio», decisivo per alimentare l'identità dei suoi gregari e per imprimere nelle coscienze di milioni di italiani i dogmi della nuova religione politica.

Il senso religioso del fascismo fu «cruciale per l'organizzazione squadrista. La squadra non era soltanto un'organizzazione armata, ma un gruppo legato da una fede comune, da vincoli di cameratismo, da un senso di comunione». Ogni squadra d'azione fascista aveva un proprio gagliardetto, solitamente di color nero, con sopra ricamato un motto, o un nome, accompagnato da una figura simbolica, spesso un fascio littorio o un teschio, simbolo per eccellenza degli squadristi. La morte era l'immagine simbolica prediletta dai squadristi della prima ora. Non configurava una predilezione per una visione decadente e nichilista della vita, ma un atto di sfida animato come ha scritto Emilio Gentile che al culto del littorio ha dedicato uno studio specifico da un «ottimismo tragico e attivo». Tra le bandiere rinvenute ieri ve ne sono, peraltro, alcune in tessuto di colore rosso, rimaneggiamenti di vessilli delle leghe o delle camere di lavoro socialiste, sottratti ai «sovversivi rossi».

Il rito fascista della benedizione e della consegna di questi gagliardetti fu uno dei primi atti della liturgia fascista, celebrato con cerimonie solenni e marziali. Tali vessilli furono oggetto di una speciale venerazione, anche negli anni del regime.

Erano il principale simbolo della fede e dei vincoli della comunione squadrista, dell'unità morale dei suoi vivi e dei suoi morti.

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