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Redditi e consumi giù. Solo la pressione fiscale decolla a quota 52%

Istat: famiglie meno ricche e conti in rosso. Ma tra le imprese sta tornando l'ottimismo

Redditi e consumi giù. Solo la pressione fiscale decolla a quota 52%

Timidi segnali di ripresa, quasi tutti proveniente da indici che descrivono le aspettative e comunque legati alla speranza che la campagna vaccinale prosegua in fretta. Ma sui redditi delle famiglie e sui consumi siamo ancora lontani da una inversione di tendenza. Resta solo una certezza: la pressione fiscale aumenta.

Ieri l'Istat ha diffuso dati sul reddito disponibile delle famiglie consumatrici nel quarto trimestre del 2020. Calato dell'1,8% rispetto al trimestre precedente. I consumi finali sono diminuiti del 2,5%. È la conferma che la seconda ondata ha colpito duro, compromettendo la ripresa che era attesa già dai primi mesi del 2021. Le famiglie hanno continuato a risparmiare (la propensione è stata pari al 15,2%, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestrew precedente).

Ripresa spostata in avanti anche per la produzione. Ieri il centro studi di Confindustria ha preso in esame dati più recente, la produzione industriale di marzo, scesa a -0,1% dopo il +0,6% in febbraio e +1,0% in gennaio.

Nel complesso del primo trimestre del 2021 si stima un incremento dell'1% rispetto all'ultimo del 2020. Manca all'appello la domanda interna e questo colpisce soprattutto sul comprato terziario. L'industria ha una «buona tenuta», spiega il centro studi di viale dell'Astronomia.

«Le indagini qualitative», sottolinea il centro studi riferendosi in particolare all'indice Pmi manifatturiero di gennaio diffuso il primo aprile, arrivato al record di 59,8, «confermano un cauto ottimismo sull'evoluzione della domanda nei prossimi mesi, in linea con le rassicurazioni del Governo sulla rapida ed efficiente evoluzione della campagna vaccinale».

L'ottimismo dell'industria e l'esigenza di ricostituire le scorte, insomma, sono i pilastri di una ripresa tutta da verificare, ma sulla quale scommette anche Bankitalia.

Ieri l'istituto guidato da Ignazio Visco ha dato conto di un recupero della fiducia delle imprese manifatturiere e un'attenuazione del pessimismo nel settore dei servizi (l'indice sintetico euro-coin s si è attestato a 1,36, dallo 0,96 di febbraio). A ricordare quanto tutto dipenda dai vaccini, ci ha pensato Confesercenti secondo la quale per ogni mese di ritardo nella campagna di immunizzazione, costa 5 miliardi di euro in consumi.

Sempre ieri l'Istat ha dato conto di un aumento del deficit. Il rapporto con il Pil nel 2020 va al 9,5%. Colpa del Pil che è calato. Ed è servito a poco il fatto che la pressione fiscale sia cresciuta al 52%, 1,3 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Effetto del Pil che cala drasticamente e delle imposte che, nonostante rinvii e rottamazioni, continuano a pesare molto.

Ora l'incognita è il Pil del 2021. Il Def che vedrà la luce a giorni dovrebbe certificare per il 2021 una variazione del Pil tra il 4 e il 5%. Ma c'è chi sostiene che si fermerà a 3,5%, ad esempio il entro studi di Carlo Cottarelli. Molto dipende dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che il governo si appresta a stilare.

Un termometro di come il mondo produttivo sta vivendo le scelte del governo di Mario Draghi saranno le audizioni parlamentari che inizieranno subito dopo Pasqua.

L'oggetto è il primo decreto Sostegni, ma non mancheranno proposte per il nuovo decreto in arrivo a breve e lo stesso Recovery italiano.

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