Rischio tsunami sui 5 Stelle. Ecco chi tradirà con il "No"

Sono sei i politici grillini che hanno annunciato pubblicamente che voteranno no al referendum sul taglio dei parlamentari, ma in realtà “siamo almeno il 20% tra le due Camere”, ci confidano

Rischio tsunami sui 5 Stelle. Ecco chi tradirà con il "No"

Nel pieno della campagna elettorale per il referendum consultivo, le crepe dentro il M5S si fanno sempre più evidenti. Sono soltanto sette i politici grillini che pubblicamente hanno annunciato che voteranno no al taglio dei parlamentari, ma in realtà “siamo almeno il 20% tra le due Camere”, ci confida uno di loro.

Andrea Colletti, deputato romano sempre più critico nei confronti dei vertici del M5S, raggiunto telefonicamente da ilGiornale.it, spiega che in Aula non votò la riforma perché “presenta molte criticità”. Tra queste: “Quella più grande è il deficit di rappresentatività del nuovo Parlamento” in quanto “ogni deputato e senatore sarà eletto da un numero abnorme di abitanti e ciò significa che il parlamentare sarà molto lontano dal suo territorio e, di conseguenza, più vicino alla segreteria di partito che lo ha candidato”. E aggiunge: “Si tratta, dunque, di un sistema molto più verticistico in cui i parlamentari che rimarranno saranno dei soldatini in mano ai capi corrente o al capo segreteria. Quando ci sono meno persone che decidono, è più facile che quelle poche persone siano corrotte da entità esterne”. In secondo luogo, per Colletti, la riduzione del numero dei parlamentari ridurrà l’influenza stessa del Parlamento sul governo che “è già abbastanza scarna attualmente”. “Infine, c’è il problema della sovrarappresentazione di alcune Regioni come la mia, l’Abruzzo, rispetto al Trentino Alto Adige che, oltre ad avere dei poteri speciali di cui già gode, avrà più senatori rispetto all’Abruzzo, alla Liguria, alla Sardegna, alla Calabria e alle Marche”, conclude Colletti, preoccupato che nel prossimo governo i voti dei parlamentari trentini di lingua tedesca possano essere ancor più decisivi.

Il grillino Andrea Vallascas nutre le stesse perplessità. “Il rischio è quello di indebolire la voce dei cittadini e di avere interi territori sottorappresentati o non rappresentati affatto, visto che è il taglio penalizzerà maggiormente le regioni a bassa densità di popolazione”, ci dice. Secondo il deputato sardo verrebbe meno il rapporto tra parlamentare ed elettori “fondamentale per una politica che vuole effettivamente dare voce ai cittadini”. “Con un drastico restringimento della rappresentanza, le scelte più importanti del Paese saranno prese da un manipolo di parlamentari. Ciascun deputato rappresenterà oltre 151mila cittadini, mentre ogni Senatore rappresenterà oltre 302mila abitanti”, aggiunge Vallascas che, come Colletti, evidenzia anche un problema di sottorappresentanza di alcune Regioni. “Pensiamo al taglio che subiranno al Senato il Friuli, che passa da 7 a 3 senatori, l'Umbria, sempre da 7 a 3, l'Abruzzo, da 7 a 4, la Basilicata, da 7 a 3, e la Sardegna, da 8 a 5”, ci spiega. E ancora: “Se a una regione che ha 7 o 8 senatori, gliene togliamo da 3 o 4, di fatto stiamo cancellato interi territori dalla mappa della democrazia rappresentativa”.

Vallascas è uno dei pochi deputati che, dopo aver espresso voto favorevole in Aula, ha deciso di schierarsi con il fronte del no. “Sono convinto che tagliare unicamente il numero dei Parlamentari, in assenza di un approccio complessivo al riordino istituzionale, porti a un grave indebolimento del Parlamento che è la massima espressione della rappresentanza popolare”. E chiarisce: “Ho votato Sì nella speranza che queste perplessità, in qualche modo, venissero fugate, e che al taglio facesse seguito una serie di correttivi e di leggi costituzionali per riequilibrare e armonizzare l’intera riforma ed evitare che una maggioranza possa eleggere da sola il Presidente della Repubblica e i 5 giudici costituzionali”. Ma non solo. Il Quirinale, nelle dinamiche parlamentari, avrebbe un grande peso “visto che a fronte di un taglio del 36,50% dei senatori, non viene ridotto il numero dei senatori di nomina presidenziale”. Anche “la stessa procedura di revisione costituzionale rischia di essere decisa - soprattutto nella prima votazione dove è richiesta la sola maggioranza dei presenti – da un numero davvero esiguo di deputati e senatori”, sottolinea Vallascas. Il tutto avverrebbe “a fronte di un risparmio di appena lo 0,007% della spesa pubblica complessiva”, conclude il deputato sardo che, per risparmiare, suggerisce di seguire la strada della riduzione delle indennità parlamentari o del taglio dei vari consigli di amministrazione degli oltre 1.400 enti pubblici.

Anche la deputata milanese Elisa Siragusa si è schierata con il no dopo che in Aula aveva votato sì “secondo disciplina di partito”. “Non approvavo questa riforma nemmeno prima, e non ne ho mai fatto mistero all’interno del gruppo parlamentare”, precisa la grillina, ricordando di aver fatto un intervento assai critico in Aula durante la discussione per voto in quarta lettura. “Sono stata – aggiunge la Siragusa - una dei firmatari della richiesta di referendum alla Camera: ai cittadini spetta l’ultima parola su questa riforma, e io mi sto impegnando per dar loro gli strumenti per valutare la riforma nelle sue criticità”. Così come Vallascas, anche la Siragusa nota delle distorsioni preoccupanti nel taglio effettuato dal Parlamento. “Se la riforma si fosse limitata a ridurre il numero dei deputati, si sarebbe potuta considerare solo inutile.

Ma alterando i numeri al Senato, diventa anche dannosa: avremo infatti, a Palazzo Madama, una distorsione di rappresentanza dei territori - grazie alla norma fatta ad hoc per il Trentino - e un'Aula dove i senatori a vita avranno più influenza”.

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