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"Il referendum? È solo propaganda"

Il vescovo di Sanremo sposa il "no": "Basta con questo sentimento di antipolitica"

"Il referendum? È solo propaganda"

Si schiera per il «No» al taglio dei parlamentari, previsto nel referendum del 20 e 21 settembre e ne spiega le ragioni: «La consultazione risponde a un'esigenza di propaganda che cavalca il sentimento di anti-politica oggi molto diffuso»; piuttosto servirebbe una «riforma complessiva e una riorganizzazione del Parlamento». Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo-Ventimiglia, illustra al Giornale i motivi del suo «No».

Eccellenza, perché è contrario al taglio dei parlamentari?

«Parlo da semplice cittadino perché non ho alcuna competenza specifica, ma sono per il no per tre ragioni. La prima è che l'origine di questa proposta di riforma parziale della Costituzione mi pare rispondere a un'esigenza di propaganda, che cavalca quel sentimento di anti-politica che oggi è molto diffuso e che spesso viene troppo semplicisticamente e banalmente ridotto alla questione dei costi della politica. In questo, fonti ben più autorevoli di me hanno fatto notare che l'eventuale taglio dei parlamentari significherebbe per il bilancio dello Stato un risparmio alquanto irrisorio, perché la vera problematica sta in tutti quei corpi intermedi, tra la politica e la società, che sono davvero pletorici e rappresentano notevole impegno di spesa e sono la causa del difetto più impattante e più dilagante, che è quello di una burocratizzazione eccessiva dello Stato».

Il problema allora è l'eccessiva burocrazia?

«Sì, abbiamo assistito anche recentemente e anche con un certo disagio, come ci sia una corsa costante a introdurre persone che poi sono della cerchia, o della cordata, o delle amicizie... E se si volesse fare davvero qualcosa in questo senso si dovrebbe mettere mano a una riforma complessiva del Parlamento e dell'intera macchina dello Stato».

Si riferisce alla legge elettorale?

«Certo. La riforma di cui si parla ora sembra rispondere più che altro a un'emergenza che verrebbe fuori se l'esito del referendum fosse favorevole al «Sì». Allora si imporrebbe una legge elettorale che riequilibrasse il tutto in favore di una adeguata rappresentatività di tutto il territorio. Che ci sia bisogno di una legge elettorale è vero, ma se la riforma la facciamo derivare da un'esigenza urgente rispetto a un intervento affrettato dovuto alla riduzione dei parlamentari, in una congiuntura politica che vede una situazione di governo non del tutto tranquilla e assestata, è pericoloso».

La seconda ragione del no?

«Piuttosto che il taglio dei parlamentari, sarebbe da rivedere la configurazione delle due camere; l'attuale configurazione risponde a un'esigenza storica che è datata. Oggi sarebbe necessario concepire un meccanismo più snello, più rispondente alle nuove esigenze e questo sarebbe più utile, rispetto a una riforma del taglio dei parlamentari».

C'è un terzo motivo...

«Il pericolo che questa riforma potrebbe rappresentare per la democrazia, nel senso che un numero più alto di parlamentari garantisce una maggiore rappresentatività. Se andiamo a ridurre questa rappresentatività comprendiamo benissimo che all'interno del corpo sociale inevitabilmente si formino gruppi e partiti più agevolati».

Cosa pensa di chi il 12 settembre scende in piazza?

«Credo che sia assolutamente legittimo, poi le modalità ognuno le valuta sul momento, ma è giusto far conoscere le proprie ragioni».

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