​Regionali, i ribelli calabresi di Pd e M5S contro il patto giallorosso

Il possibile accordo spacca la base. Il governatore dem Oliverio dice no e sfida Zingaretti. E i parlamentari 5 stelle stoppano Di Maio

​Regionali, i ribelli calabresi di Pd e M5S contro il patto giallorosso

Per Zingaretti e Di Maio la Calabria rischia di diventare un Vietnam in grado di far capitolare il patto giallorosso. La regione, oggi governata dal Pd, tornerà al voto nei prossimi mesi (dicembre o gennaio), ma ancora oggi il quadro politico è più che confuso, con la base di Pd e M5S in tumulto per le decisioni romane.

Se in Umbria l'accordo è stato chiuso per mezzo di un “patto civico” che vede la candidatura unitaria di Vincenzo Bianconi, in Calabria le cose stanno diversamente e preoccupano i due leader.
Il Pd è spaccato a metà, tra chi caldeggia l'abbraccio con i 5 stelle e chi, invece, rifiuta ogni intesa e vorrebbe la ricandidatura del governatore uscente, Mario Oliverio.

I tormenti riguardano anche il Movimento, ancora in stato confusionale dopo l'addio della senatrice catanzarese Silvia Vono, passata armi e bagagli con Italia Viva di Matteo Renzi. I 17 parlamentari eletti in Calabria hanno già avuto modo di esprimere la loro opinione con un documento inviato a Di Maio, nel quale ribadiscono il loro no all'alleanza con il Pd.

La frattura più grave è però quella avvenuta in casa dem. Il partito è impantanato da mesi sul caso che riguarda lo stesso Oliverio. Il presidente, indagato in tre diversi procedimenti penali avviati dalla Procura di Catanzaro (tra le accuse c'è anche la corruzione), ha già avuto il benservito da Zingaretti, che non intende ricandidarlo né autorizzare le primarie per la scelta del candidato. Oliverio, tuttavia, non ha intenzione di farsi da parte o arrendersi, e ha sfidato apertamente sia Zingaretti che il suo stesso partito.

Proprio ieri è stato infatti il protagonista assoluto di una assemblea 'clandestina' dei circoli e degli amministratori dem. Il teatro di Catanzaro in cui si è svolta la manifestazione era stracolmo, con tanto di striscioni e sventolìo di bandiere del Pd. E dire che, poche ore prima, i delegati di Zingaretti – il commissario regionale, Stefano Graziano, e il responsabile per il Sud della segreteria nazionale, Nicola Oddati – avevano lanciato un preciso ultimatum, minacciando espulsioni: “Chi parteciperà all'assemblea si metterà contro il partito”. Un aut aut caduto nel vuoto.

Oliverio ha avuto un bagno di folla che gli ha permesso di lanciare il guanto a Zingaretti: “L'assemblea di questa sera è la migliore candidatura che io avessi potuto avere”. Il governatore reietto ha anche criticato in modo aspro il possibile accordo tra Pd e Movimento: “A livello nazionale l'intesa con il M5S è una necessità, perché serve a contrastare la deriva rappresentata dal sovranismo di Salvini. Ma da qui a pensare di catapultarla nei territori ce ne corre. Questa alleanza non c'è e ho il dubbio che la si stia utilizzando per giustificare la mia cacciata”.

Oliverio e il M5S si detestano reciprocamente, questo è chiaro. Ma esistono anche punti di vista comuni, se è vero come è vero che tutti i portavoce calabresi del Movimento hanno ufficializzato la loro contrarietà a un accordo elettorale con il Pd.

I primi erano stati il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra (“assolutamente no”) e l'eurodeputata Laura Ferrara, che aveva ricordato come le regole dello Statuto non permettano alleanze con partiti politici. Da ultimo è poi arrivata la presa di posizione dei 17 parlamentari, che pochi giorni fa hanno vergato un documento in cui escludono “categoricamente ogni ipotesi di accordo con il Pd o liste civetta in cui ci siano suoi esponenti”.

Per tentare di scongiurare l'intesa, la deputata Dalila Nesci – che vuole candidarsi a capo di una coalizione composta solo dal Movimento e da formazioni civiche – ha usato parole non troppo sibilline: “L'accordo potrebbe

essere imposto da Roma? Certo, ma poi c'è una campagna elettorale da fare sul territorio...”. Come dire: in caso di alleanze innaturali, portavoce e attivisti potrebbero disimpegnarsi.
Di Maio e Zingaretti sono avvertiti.

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