Renzi chiude già il caso Opposizioni infuriate: «Mozione di sfiducia»

Il premier dagli Usa: «Un progetto sacrosanto, niente illeciti» Forza Italia, Lega e M5S vogliono cacciare l'intero governo

«U n progetto sacrosanto». Da Washington, dove il vertice con Obama sulla sicurezza nucleare chiude la sua visita in Usa, Matteo Renzi rompe il silenzio sul caso Guidi. E lo fa difendendo con decisione il provvedimento del governo finito nelle intercettazioni, e con esso il ruolo di Maria Elena Boschi: «Quello su Tempa Rossa era un provvedimento giusto, vorrei che fosse chiaro agli italiani: un provvedimento che ha creato molti posti di lavoro, e di certo non ce ne vergogniamo». Quanto alla Boschi, messa subito nel mirino delle opposizioni in quanto titolare della gestione parlamentare della legge, «l'emendamento era favorevole a un progetto del governo che avevo io stesso annunciato, è naturale che il ministro dei rapporti con il Parlamento lo abbia firmato». Per il premier, il caso si chiude con le dimissioni del ministro Federica Guidi: «Non c'è nessun reato o illecito», solo «una telefonata che lei per prima ha giudicato inopportuna. La vera novità - aggiunge ricordando il caso Cancellieri, durante il governo Letta - è che con i governi di prima queste cose non portavano alle dimissioni, oggi sì».Renzi però sa bene che politicamente il caso è tutt'altro che chiuso, e che le sue ripercussioni possono diventare assai indigeste per il governo. Tant'è che le opposizioni si sono immediatamente tuffate nel piatto ricco offerto dall'inchiesta potentina, annunciando una raffica di mozioni di sfiducia. Non contro la Guidi, che si è già tolta di mezzo di sua iniziativa, ma contro la Boschi e l'intero governo. Mozioni che verranno con ogni probabilità bocciate (tanto più che, dopo un effimero tentativo di fare fronte comune su un unico testo, le opposizioni hanno subito iniziato a litigare tra loro), ma non è certo questo che preoccupa i promotori: l'obiettivo è quello di tenere Renzi e il suo esecutivo sulla graticola il più a lungo possibile, per costruirci sopra la campagna elettorale per le amministrative e per il referendum del 17 aprile. Che, guarda caso, riguarda proprio la materia petrolifera (anche se l'impianto di Tempa Rossa non ha nulla a che fare con il quesito referendario, che tocca solo alcune piattaforme marine) e dunque può diventare preziosissimo per chiamare, sull'onda dell'indignazione, i cittadini fin qui disinteressati alle urne. Trasformando la consultazione in un tentativo di plebiscito anti-Renzi, per far arrivare il premier indebolito alle elezioni amministrative e poi al decisivo referendum costituzionale.La succulenta posta in palio, però, non basta a mettere d'accordo le diverse opposizioni: i Cinque Stelle suonano la carica chiamando tutti (minoranza Pd inclusa, che però respinge le avance: «Siamo in maggioranza», e sfida Renzi a un «confronto pubblico» nella Direzione di lunedì) a «mandare a casa un governo al soldo delle lobby», la Lega accorre proponendo di scrivere insieme il testo. I grillini li respingono: «Con voi non scriviamo niente», la Lega ribatte: «Siete amici di Renzi».

Intanto il Pd passa alle vie legali contro Grillo. il tesoriere Francesco Bonifazi annuncia una querela contro i virulenti post anti-Pd dell'ex comico: «Stavolta hai passato il segno. Ci vediamo in tribunale, caro pregiudicato».

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