Di fare il capro espiatorio perpetuo si è stufato. «Il Pd ha perso la maggior parte dei ballottaggi. E qualcuno ha dato a me la responsabilità. Ancora? Mi fa piacere essere considerato l'alibi per tutto, ma questa lettura del voto è poco più che una barzelletta», reagisce Matteo Renzi.
In apertura di una settimana decisiva per i dem, visto che sabato l'Assemblea nazionale (più volte rinviata) dovrà stabilire l'assetto definitivo del partito dopo le dimissioni del segretario, date a marzo, Renzi pubblica una lunga enews. E interviene a tutto campo, dall'operato del governo (che «ha compiuto un mese» ma è ancora «fermo a zero» quanto a provvedimenti, tanto che le Camere sono praticamente chiuse per assenza di materie di cui occuparsi) alla pericolosa crisi in cui rischia di avvitarsi l'Europa sotto i colpi dei sovranisti. Ma parla anche dei «miei fatti personali», per rispondere alla «caterva di schifezze scritte sul mio conto» in questi giorni. A cominciare dalla storia della «villa faraonica che mi sarei comprato con chissà quali soldi», un tormentone che ha riempito paginate di giornali e che l'ex premier definisce «spazzatura» e smonta dettagliatamente: «Da mesi - spiega - stiamo cercando di comprare una bella casa con tre stanze da letto a Firenze, vendendo la nostra bella casa con tre stanze da letto a Pontassieve. Ci sarà da pagare una differenza che copriremo con un mutuo». Tutto molto semplice e poco misterioso, e del resto - ricorda Renzi - i parlamentari devono denunciare le loro proprietà immobiliari, quindi «basterà aspettare e verificare». Come «pubbliche e trasparenti» sono le entrate che, dice, «mi consentono persino di prendere un mutuo». E a chi gli contestava di aver detto, quando stava a Palazzo Chigi, di aver solo 15mila euro sul conto replica di averlo raccontato per dimostrare che «al governo non ci si arricchisce, come dicono malpensanti e populisti». Ora, da parlamentare, oltre all'«ottimo stipendio», gli è consentito anche di avere «altre entrate, tutte pubbliche e trasparenti», che siano da conferenziere o da autore di un programma tv (che conferma), uno «speciale sulla mia città» perché «più il dibattito politico diventa barbaro, più c'è bisogno di bellezza e cultura».
Renzi dice che su quel che succede nel Pd «è necessario far chiarezza», e che dirà la sua «nei prossimi giorni, in vista dell'Assemblea». I suoi, intanto, attorno a quell'Assemblea stanno chiudendo i giochi: l'intenzione, condivisa da gran parte delle correnti, è quella di congelare lo status quo. Eleggere quindi Martina segretario, con un assetto assai renziano: Orfini resterebbe presidente, Bonifazi tesoriere e Luca Lotti capo dell'Organizzazione. Congresso e primarie slitterebbero a data da destinarsi, presumibilmente dopo le elezioni europee del 2019. Sbarrando così la strada alla discesa in campo di Nicola Zingaretti, che domenica, in una intervista al Corriere della Sera, aveva chiesto di accelerare sul congresso: «È indispensabile che si faccia prima delle Europee».
Il problema è che nessuno ha fretta di andare ad una conta interna, e nessuno - dopo il gran rifiuto di Gentiloni, l'unico che avrebbe messo d'accordo tutti e che invece si è speso per Zingaretti- ha ora un candidato forte da contrapporre al presidente della regine Lazio, che «è un bravo governatore e un dirigente assai stimabile - dice un esponente renziano - ma ci farebbe tornare dritti ai Ds, o ancor peggio ad una sorta di corbinismo all'italiana».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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