Grillo sta scoppiando, e anche Matteo Renzi non sta molto bene. I due fenomeni della nuova politica sono alle prese con il loro momento più difficile da quando sono in campo. Il primo vede sbriciolarsi tra le mani il suo movimento e il grande patrimonio politico che la rabbia degli italiani gli aveva consegnato meno di due anni fa. Il secondo, Renzi, continua perdere nei sondaggi consensi e punti di fiducia: l'unica cosa che vede salire è la disoccupazione che tocca il nuovo record del 13,2 per cento.
«Sono stanchino», fa sapere Grillo che ieri ha passato il comando del partito a un comitato di cinque fedelissimi. Non si diverte più, il comico-dittatore: infiammare una piazza assatanata è cosa ben diversa dal fare politica. Così come, per i suoi, i soldi della politica fanno schifo solo fino a che non li incassi tutti i fine mese. Quando ti abitui al super stipendio garantito, ai riflettori, ai giornalisti che ti inseguono per strada, tornare in fabbrica, in ufficio o in disoccupazione, è dura. Molti deputati e senatori grillini avevano già varcato il confine tra l'anti politica e la politica, pagando senza drammi il prezzo di essere espulsi dal partito. Cinquestelle o altro gruppo, la grana gira lo stesso. Ma ora c'è il rischio reale - le elezioni anticipate - di dover sbaraccare per sempre. Meglio scendere dall'Aventino e, smentendo giuramenti, patti e dichiarazioni solenni, trattare: con Renzi, con Bersani, con Vendola, con chiunque possa garantire che il governo non cada o, quantomeno, il biglietto per un secondo giro.
Grillo ha fiutato l'aria e inizia l'uscita morbida. Lui ci aveva messo la faccia e gli slogan. Ricordate? «Sono tutti ladri e tutti morti, apriremo il Parlamento come una scatola di sardine», urlava in campagna elettorale. Non aveva fatto i conti con il fascino dei velluti rossi dei palazzi romani e le buste paga a quattro zeri. «Il moralista impegnato a predicare virtù, difficilmente troverà il tempo per applicarle», scrisse il saggio Roberto Gervaso. Del resto, già venticinque secoli fa, Aristotele metteva in guardia: «Gli inferiori si ribellano per poter essere uguali».
Missione compiuta. Alla faccia di Marco Travaglio che alla vigilia delle ultime elezioni dichiarò: voto Grillo e Ingroia, gli unici in grado di cambiare il Paese senza inciuci. Profeta inascoltato o grullo patentato? Fate voi.
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